Mansioni promiscue determinano risconoscimento livello superiore

In caso di mansioni promiscue il lavoratore ha diritto ad essere inquadrato nel livello superiore, anche se l’incarico promiscuo che determina il riconoscimento di tale livello viene svolto una sola volta alla settimana.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18149 del 23 ottobre 2012, con la quale èstata ribaltata la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello e che aveva considerato illegittimo il diritto all’inquadramento ad un livello superiore in considerazione del fatto che la mansione promiscua era svolta per un periodo di tempo inferiore.

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Rifiuto dei lavoratori per rischio amianto

Il rifiuto dei lavoratori dipendenti a svolgere la prestazione lavorativa per la presenza di amianto all’interno dell’azienda èda considerarsi legittimo, pertanto il datore di lavoro non puಠsospendere il pagamento della retribuzione nei loro confronti.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18921 del 5 novembre 2012, con la quale èstato giudicato il caso di un gruppo di lavoratori che, dopo essersi recati presso il luogo di lavoro e aver timbrato il cartellino, avevano rifiutato di svolgere le mansioni a loro affidate in virt๠del rischio della presenza di amianto in alcune zone.

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Studi di settore applicabili sempre in caso di incongruenza

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 19626 del 12 novembre 2012 ha ulteriormente allargato l’ambito di applicabilità  di Gerico, affermando che lo studio di settore èsempre applicabile in caso di grave incongruenza fra il reddito dichiarato dal contribuente e quello atteso dallo standard, anche in assenza di un’ispezione fiscale e anche se la contabilità  appare regolare dal punto di vista formale.

Nella sentenza in esame, in particolare, la Suprema Corte ha di fatto annullato la sentenza emessa dalla commissione regionale di Napoli, che a sua volta aveva accolto l’appello presentato dal contribuente e annullato l’atto impositivo.

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Risarcimento infortunio sul lavoro ai conviventi non parenti

In caso di infortunio sul lavoro mortale per il dipendente, il diritto ad ottenere un risarcimento danni puಠessere riconosciuto anche a favore di un convivente del defunto che perಠnon ha alcun vincolo di parentela con quest’ultimo.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 43434 dell’8 novembre 2012, con la quale èstata confermata la decisione della Corte d’Appello che, ritenendo responsabili l’amministratore unico e il responsabile di cantiere di una società  per omicidio colposo a seguito dell’infortunio mortale di lavoratore dipendente extracomunitario, riconosceva il diritto al risarcimento danni in favore sia della madre del lavoratore che di coloro con cui la vittima conviveva stabilmente in Italia, ovvero la moglie e il figlio di quest’ultima.

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Risarcimento del danno anche in assenza di mobbing

La Corte di Cassazione, consapevole della difficoltà  di riuscire a dimostrare episodi di mobbing, con la sentenza n. 18927 ha spianato la strada per ottenere un risarcimento a tutti quei lavoratori che subiscono vessazioni o discriminazioni sul luogo di lavoro, anche se manca la prova che si sia trattato di mobbing.

Secondo la Suprema Corte, infatti, perchè a favore del dipendente che ha subito episodi mortificanti venga riconosciuto il diritto ad ottenere un risarcimento èsufficiente la presenza di una serie di azioni che, se esaminate singolarmente, appaiono idonee a minare quell’integrità  psico-fisica che il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare in base a quanto stabilito sia dalla legge che dalla Costituzione.

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Risarcimento per stress da eccessivo lavoro

Lo stress derivante da un eccessivo carico di lavoro puಠessere oggetto di risarcimento. A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18211 del 24 ottobre 2012.

Nel caso specifico, in particolare, la Suprema Corte ha giudicato il caso di un portiere notturno licenziato che per motivi di salute aveva chiesto all’azienda per la quale lavorava di essere spostato al turno diurno, richiesta negata in quanto l’orario di lavoro diurno era già  svolto da altri due lavoratori.

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Diritto a rendita in caso di tumore per uso lavorativo del cellulare

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17438 del 12 ottobre 2012 ha riconosciuto ad un lavoratore affetto da un tumore causato da un eccessivo uso del cellulare il diritto alla rendita per malattia professionale prevista per l’invalidità  all’80%, confermando quindi la sentenza con la quale la Corte d’Appello aveva rigettato il ricorso proposto dall’Inail.

Nel caso in esame, in particolare, il lavoratore aveva collegato l’insorgenza del cosiddetto neurinoma del Ganglio di Gasser, un tumore che colpisce i nervi cranici, ad un uso lavorativo del cellulare e di telefoni cordless per dodici anni e per un periodo di 5-6 ore al giorno, con conseguenze piuttosto gravi nonostante le diverse terapie, anche chirurgiche, a cui si era sottoposto.

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Licenziamento legittimo durante astensione facoltativa se manca la comunicazione

La lavoratrice che intende usufruire del congedo di maternità  facoltativo, ossia della possibilità  di astenersi dallo svolgimento della prestazione lavorativa oltre i tre mesi successivi al parto, deve darne comunicazione sia al datore di lavoro che all’Inps, tenuto a corrispondergli l’indennità  spettante, precisando il periodo dell’assenza. Qualora ometta tale comunicazione e si astenga comunque dallo svolgimento della prestazione lavorativa si configura l’ipotesi di assenza ingiustificata, possibile causa di un licenziamento legittimo.

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Infortunio in itinere non sussiste se si usa la bicicletta

L’infortunio in itinere, ossia quello che si verifica durante il tragitto che il lavoratore percorre per andare dalla sua abitazione al luogo di lavoro, non sussiste, con conseguente perdita di ogni tipo di diritto in tema di indennizzo, nel caso in cui il lavoratore utilizzi una bicicletta nonostante il luogo di lavoro possa essere facilmente raggiunto mediante l’utilizzo di mezzi pubblici.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7970/2012, con la quale èstato rigettato il ricorso presentato da una donna che aveva avanzato richiesta di indennizzo nei confronti del proprio datore di lavoro per via di un infortunio conseguente ad una caduta in bicicletta mentre si stava recando al lavoro.

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Licenziamento legittimo per e-mail offensive

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14995 del 7 settembre 2012 ha stabilito che èlegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente che inoltra e-mail offensive ai dirigenti dell’azienda presso cui lavora.

Pi๠nel dettaglio, nella sentenza in esame i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso presentato da un lavoratore che, a seguito di un demansionamento e della sensazione di essere stato emarginato nel contesto in cui svolgeva la sua prestazione lavorativa, aveva inviato ai dirigenti dell’azienda una e-mail considerata offensiva.

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Offese al datore di lavoro da parte del sindacalista

Il licenziamento èda considerarsi un provvedimento eccessivo qualora venga intimato nei confronti di un dipendente che veste i panni di sindacalista e che offende il datore di lavoro.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n° 15165 dell’11 settembre 2012, che ha rigettato il ricorso presentato da una società  che chiedeva la conferma di un licenziamento intimato ad un dipendente che, nella sua veste di sindacalista, si era rivolto al datore di lavoro definendolo “sbruffone”.

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Licenziamento per falso certificato medico

La falsificazione di un certificato medico da parte di un dipendente per giustificare uno o pi๠giorni di astensione dallo svolgimento della prestazione lavorativa costituisce causa di licenziamento legittimo.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n° 14998 del 7 settembre 2012, con la quale èstato dichiarato legittimo un licenziamento intimato da un’azienda nei confronti di un suo dipendente, colpevole di aver falsificato il certificato medico rilasciato da un dottore allo scopo di allungare il periodo di malattia.

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Licenziamento illegittimo per rifiuto part-time

Il rifiuto del lavoratore alla proposta del datore di lavoro di svolgere la prestazione lavorativa secondo nuovi orari non puಠessere considerato un motivo sufficiente a giustificare il licenziamento.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14833 del 4 settembre 2012, con la quale èstata dichiarata l’illegittimità  di un licenziamento intimato ad un lavoratore che aveva rifiutato la proposta di modificare l’orario di lavoro dal full-time a part-time.

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Radiazione dall’albo per l’avvocato che non emette fattura

La Corte di Cassazione con la sentenza n° 13791 del 1° agosto 2012 ha affermato che l’avvocato colpevole di aver violato il dovere di lealtà  fiscale percependo dei compensi senza emettere fattura, anche nel caso in cui ciಠsia stato richiesto dal cliente, èsanzionato con la radiazione dall’albo professionale.

La sanzione della radiazione èstata poi successivamente attenuata dalla cancellazione dal Consiglio nazionale forense (Cnf), in considerazione della mancanza di precedenti disciplinari a carico dell’avvocato.

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Stipendio inferiore alla busta paga configura reato di estorsione

La Corte di Cassazione con la sentenza n° 31535 del 3 agosto 2012 ha stabilito la configurabilità  del reato di estorsione a carico del datore di lavoro che approfittandosi dell’attuale situazione del mercato del lavoro, caratterizzata da una prevalenza dell’offerta sulla domanda, obbliga i suoi dipendenti, sotto “minaccia” di licenziamento, ad accettare trattamenti retributivi non adeguati alle prestazioni effettuate, contrarie alle disposizioni di legge o dei contratti collettivi nazionali.

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