Assunzione per sostituzione lavoratore assente

Il lavoratore assunto a tempo determinato per sostituire un altro dipendente assente ma che ha diritto alla conservazione del posto di lavoro durante tale periodo (si pensi ad esempio al caso di una lavoratrice in congedo di maternità ) non deve essere necessariamente destinato allo svolgimento delle mansioni svolte dal lavoratore assente, potendo il nuovo lavoratore essere destinato anche ad altre mansioni, sulla base di quelle che sono le esigenze aziendali.

L’importante èche vi sia sempre una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che quest’ultima deve essere stata determinata dalla necesità  creatasi nell’azienda per effetto della prima.

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Licenziamento legittimo in caso di assenze ripetute

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6971 del 20 maggio 2013 ha respinto il ricorso presentato da una lavoratrice dipendente licenziata dalla coperativa presso cui era stata assunta a causa di ripetute assenze.

In particolare, nel caso specifico la lavoratrice, addetta alle pulizie, era stata assunta per svolgere le sue mansioni presso gli uffici della Regione Veneto a Venezia, tuttavia a causa della ristrutturazione in corso presso l’edificio che ospitava tali uffici era stata chiamata a svolgere la sua prestazione lavorativa presso la nuova sede di Mestre, secondo gli stessi orari di lavoro.

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Infortunio in itinere e utilizzo del mezzo privato

L’infortunio in itinere, ossia l’infortunio che si verifica nel percorso che il lavoratore compie dalla sua abitazione al luogo di lavoro, non sussiste sempre e i diritti che ne conseguono sono subordinati ad una valutazione che comprende anche la tipologia di mezzo utilizzata per compiere tale percorso.

Al riguardo, in particolare, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6725 del 18 marzo 2013 ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore che aveva chiesto una rendita da infortunio in quanto, mentre stava percorrendo il tragitto casa-lavoro a bordo del suo motoveicolo, era stato coinvolto in un incidente a causa di un autoveicolo che aveva cambiato direzione in modo brusco e senza alcuna segnalazione.

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Licenziamento per mancanza di mansioni equivalenti

In caso di soppressione di un posto di lavoro, l’azienda puಠprocedere al licenziamento del lavoratore dipendente che lo occupava qualora non esistano delle mansioni equivalenti e risulti pertanto impossibile ricollocarlo all’interno del contesto aziendale, non essendo il datore di lavoro obbligato a formare il dipendente in modo tale da renderlo idoneo allo svolgimento di altro tipo di mansioni.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5963 dell’11 marzo 2013, che ha quindi interpretato in maniera restrittiva la norma che prevede l’obbligo a carico dell’azienda di provare a ricollocare il dipendente qualora le sue mansioni dovessero essere soprresse.

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Licenziamento illegittimo per denuncia illeciti in azienda

Il licenziamento del dipendente che denuncia presunti illeciti commessi dall’azienda per cui lavora èillegittimo.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso presentato da un lavoratore dipendente, che insieme ad altri suoi cinque colleghi aveva denunciato alcuni illeciti commessi dalla società  presso la quale prestava servizio in relazione ad un appalto per la manutenzione di alcuni semafori, allegando all’esposto alcuni documenti aziendali e senza prima informare la società  stessa, la quale a sua volta aveva licenziato il dipendente per diffamazione.

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Tassazione ferie non godute

In caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche ad un compenso sostitutivo delle ferie non godute. Tale compenso, tuttavia, non puಠessere soggetto a tassazione, per cui èpossibile chiedere il rimborso di quanto indebitamente trattenuto.

A stabilirlo èstata sentenza n. 89/2013 della quarta sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata in segreteria lo scorso 6 febbraio.

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Omessa valutazione stress da lavori ripetitivi

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11062 dell’8 marzo 2013 ha giudicato il caso di un lavoratore addetto a lavori di pulizia che, mentre stava salendo le scale, ècaduto riportando lesioni guaribili in un tempo maggiore di quaranta giorni.

In tal caso, in particolare, il datore di lavoro èstato giudicato colpevole non solo di non aver previsto il rischio di possibili cadute dall’alto e quello di posture incongrue ma anche di aver omesso di valutare i rischi derivanti dallo stress da lavoro ripetitivo.

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Licenziamento legittimo se si rivela che la società  sta per chiudere

Tra le ipotesi di licenziamento legittimo c’èanche quella che si configura nel caso in cui il dipendente diffonda notizie interne all’azienda che devono intendersi come riservate, come ad esempio la chiusura a breve della società , soprattutto se la notizia arriva alle orecchie dei clienti.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4859 del 27 febbraio 2013, secondo cui una simile condotta va a compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra lavoratore e datore di lavoro.

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Demansionamento legittimo se mansioni inferiori non prevalgono

La normativa attualmente in vigore sancisce il divieto di adibire il lavoratore a mansioni inferiori a quelle per le quali èstato assunto, fatta eccezione per le deroghe al divieto di demansionamento esplicitamente previste.

Al riguardo, tuttavia, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4301 del 22 febbraio 2013 ha sancito la possibilità  di adibire un lavoratore dipendente a mansioni inferiori, purchèrisulti prevalente l’espletamento di quelle corrispondenti al suo livello di inquadramento.

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Licenziamento e patteggiamento del reato

Il licenziamento intimato ad un lavoratore che patteggia la pena èlegittimo solo nel caso in cui l’azienda riesca a provare il venir meno del rapporto fiduciario.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3912 del 18 febbraio 2013, con la quale èstato respinto il ricorso presentato da un’azienda, la quale sosteneva che ai fini del licenziamento disciplinare la sentenza di patteggiamento dovesse considerarsi equiparata ad una sentenza di condanna.

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Farmacie aperte oltre il turno non sanzionabili

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3080 nel 2013 ha affermato che l’Ordine dei Farmacisti non puಠsanzionare un professionista che ha scelto di tenere aperta la sua farmacia oltre il turno a lui spettante sulla base di un’intesa siglata con i colleghi.

La decisione della Suprema Corte ha quindi cancellato di fatto la sanzione disciplinare consistente nella sospensione dalla professione per 30 giorni disposta dall’Ordine dei Farmacisti contro una professionista che aveva violato l’accordo sottoscritto con i colleghi.

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Licenziamento per breve assenza ingiustificata èillegittimo

Il lavoratore dipendente che si allontana ingiustificatamente dal luogo di lavoro per un breve lasso di tempo non puಠessere licenziato.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione, che ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma e disposto l’annullamento del licenziamento intimato ad un dipendente come sanzione disciplinare per essersi allontanato dal luogo di lavoro con una giustificazione infondata per quasi tre ore.

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Risarcimento danni per mobbing da parte dei colleghi

Qualora un lavoratore dipendente sia vittima di mobbing da parte dei colleghi e l’azienda, pur essendone a conoscenza, non agisca per porvi rimedio, il lavoratore ha diritto ad essere risarcito dal suo datore di lavoro.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza 1471/2013, con la quale un’azienda veneta èstata condannata al risarcimento del danno biologioco nei confronti di un suo dipendente, che tra le altre cose era anche stato demansionato, vittima di mobbing consistente in dileggio e altre vessazioni da parte di altri suoi colleghi dipendenti delle stessa azienda.

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Bancarotta fraudolenta e interdizione del manager

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 769 dell’8 gennaio 2012 ha precisato che la pena accessoria prevista a carico del manager condannato per bancarotta fraudolenta consiste nell’impossibilità  da parte di quest’ultimo, per un periodo di 10 anni, di svolgere attività  imprenditoriale o incarichi direttivi presso altre aziende, sottolineando al contempo che il periodo di interdizione èstabilito dalla legge nella misura fissa di 10 anni e pertanto a tal fine non èrilevante la durata della pena principale, che nel caso di specie èstata fissata nella misura minima di tre anni di reclusione.

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Attività  durante la malattia non giustifica il licenziamento

Lo svolgimento di un’attività  da parte del lavoratore durante il periodo di malattia non giustifica il suo licenziamento se questa non mette in pericolo l’equilibrio fisico del lavoratore stesso e quindi la sua capacità  di adempiere correttamente alla prestazione lavorativa.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21938 del 6 dicembre 2012, con la quale èstato giudicato il caso di un lavoratore licenziato perchè durante il periodo di malattia aveva svolto delle attività  edili per il suo fondo e sui terreni circostanti.

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