Farmacie di turno non possono chiudere temporaneamente

La chiusura anche solo momentanea di una farmacia di turno puಠconfigurare a carico del responsabile della farmacia stessa il reato di interruzione di un servizio pubblico contemplato dall’art. 331 del codice penale.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46755 del 3 dicembre 2012, con la quale èstata annullata la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello che aveva assolto il titolare di una farmacia colpevole di aver chiuso temporaneamente l’esercizio apponendo un cartello in cui informava gli eventuali clienti che si trovava in pausa pranza e che avrebbe riaperto alle ore 16:00.

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Validità  del foglio presenze redatto dal dipendente

Qualora il foglio presenze sia stato compilato e/o aggiornato dal lavoratore dipendente, la sua validità  ai fini della retribuzione spettante èsubordinata alla conferma delle presenze da lui annotate da parte dei colleghi. In assenza di tale conferma, dunque, le annotazioni del dipendente non hanno alcuna efficacia.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n.18643 del 30 ottobre 2012, con la quale èstato riconosciuto a favore di un portiere d’albergo il diritto al pagamento di ore di lavoro straordinario provate da una sua annotazione sul foglio presenze e confermate in un secondo momento dai suoi colleghi.

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Mansioni promiscue determinano risconoscimento livello superiore

In caso di mansioni promiscue il lavoratore ha diritto ad essere inquadrato nel livello superiore, anche se l’incarico promiscuo che determina il riconoscimento di tale livello viene svolto una sola volta alla settimana.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18149 del 23 ottobre 2012, con la quale èstata ribaltata la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello e che aveva considerato illegittimo il diritto all’inquadramento ad un livello superiore in considerazione del fatto che la mansione promiscua era svolta per un periodo di tempo inferiore.

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Rifiuto dei lavoratori per rischio amianto

Il rifiuto dei lavoratori dipendenti a svolgere la prestazione lavorativa per la presenza di amianto all’interno dell’azienda èda considerarsi legittimo, pertanto il datore di lavoro non puಠsospendere il pagamento della retribuzione nei loro confronti.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18921 del 5 novembre 2012, con la quale èstato giudicato il caso di un gruppo di lavoratori che, dopo essersi recati presso il luogo di lavoro e aver timbrato il cartellino, avevano rifiutato di svolgere le mansioni a loro affidate in virt๠del rischio della presenza di amianto in alcune zone.

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