Buona condotta necessaria per iscrizione albo professionale

Per effettuare l’iscrizione ad un albo professionale, oltre ai requisiti previsti da ciascun albo, èsempre necessaria la sussistenza del requisito di buona condotta.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30790 del 30 dicembre 2012, nella quale la necessità  del suddetto requisito èstata definita un insostituibile e un inevitabile principio di carattere generale dell’ordinamento, a prescindere dalle disposizioni in merito previste da ciascun albo professionale.

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Risarcimento danni casalinghe per invalidità  permanente

Nel mondo delle lavoro il dibattito sulle casalinghe èaperto ormai da secoli, tuttavia una piccola soddisfazione per chi sostiene che quello delle massaie èun vero e proprio lavoro che deve necessariamente essere equiparato a quello svolto dalle altre categorie di lavoratori arriva da una recente sentenza della Corte di Cassazione.

La Terza sezione civile della Corte, infatti, con la sentenza n.23573 del 2011 ha stabilito che il danno subito da una casalinga va risarcito tenendo conto del mancato guadagno, cosଠcome avviene per tutte le altre categorie di lavoratori.

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Responsabilità  del commercialista per evasione fiscale del cliente

In caso di evasione fiscale da parte di un suo cliente, il commercialista puಠvedersi confiscare una somma di denaro corrispondente nel caso in cui abbia partecipato all’attività  criminale ottenendo al contempo un vantaggio economico.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39239 del 28 ottobre 2011, con la quale èstato giudicato il caso di un commercialista accusato di concorso in corruzione in atti giudiziari in relazione a due società  di cui era depositario delle scritture contabili.

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Mancato versamento del quinto dello stipendio

Nel caso in cui il datore di lavoro non provvede a versare al cessionario un quinto dello stipendio dovuto al suo dipendente e da questi ceduto ad un soggetto terzo, non commette un reato di appropriazione indebita ma solo un illecito civile.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37954 del 20 ottobre 2011, con la quale èstato assolto un datore di lavoro condannato nei due precedenti gradi di giudizio per essersi appropriato della quota di stipendio che un suo dipendente aveva destinato ad una banca a fronte della restituzione di un prestito erogatogli in precedenza, pur facendo figurare tale quota dello stipendio in busta paga.

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Versamento Iva fattura fittizia

La normativa relativa alla nota di credito prevede che questa possa essere emessa solo in determinati casi esplicitamente previsti dalla legge e tra cui non rientra quella dell’annullamento di una fattura fittizia.

Ne deriva quindi che l’Iva indicata in una fattura emessa in relazione ad operazioni inesistenti deve essere sempre versata all’erario, non potendo essere annullata mediante l’emissione di una nota di credito. Esiste perಠun’eccezione in quanto il mancato versamento dell’Iva èconsentito nel caso in cui il soggetto che ha emesso la fattura dimostri di aver evitato perdite erariali mediante il ritiro della fattura prima che questa sia stata effettivamente utilizzata dal destinatario.

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Ritardo pagamento indennità  sostitutiva della reintegrazione

Nel caso in cui il lavoratore illegittimamente licenziato dovesse scegliere di optare per l’indennità  sostitutiva al posto della reintegrazione nel posto di lavoro, il datore di lavoro ètenuto a pagare al dipendente le retribuzioni che gli sarebbero spettate se avesse normalmente prestato la sua attività  lavorativa fino a quando non provvede a corrispondere tale indennità .

Ad affermalo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21421 del 17 ottobre 2011, nella quale viene precisato che tale decisione si basa sulla necessità  di evitare che il lavoratore illegittimamente licenziato non subisca, o subisca al minimo possibile, i pregiudizi derivanti dal licenziamento stesso.

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Licenziamento illegittimo per mancato rinvio della convocazione

In caso di licenziamento disciplinare il comportamento tenuto dal datore di lavoro deve necessariamente essere improntato ai principi di correttezza e di buona fede, pena l’illegittimità  del licenziamento stesso.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21485 del 18 ottobre 2011, con la quale èstata accolta la sentenza della Corte d’Appello ed èstata quindi dichiarata l’illegittimità  del licenziamento attuato da un’azienda nei confronti di una dipendete dopo una sua violazione di carattere disciplinare.

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Pagamento stipendio al lordo delle ritenute in caso di ritardo

In caso di ritardo nel pagamento dello stipendio, il datore di lavoro èobbligato a versare i contributi senza possibilità  di rivalersi nei confronti del dipendente.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19790 del 28 settembre 2011, con la quale èstato accolto il ricorso presentato da una dipendente nei confronti del suo ex datore di lavoro per il mancato pagamento da parte di quest’ultimo delle ritenute previdenziali e fiscali.

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Dimissioni del lavoratore incapace illegittime

La lettera di dimissioni firmata dal lavoratore in un momento in cui questi risultava incapace di intendere e di volere èdel tutto illegittima e priva di efficacia.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17977 del 1° settembre 2011, nella quale viene precisato che per aversi incapacità  di intendere e di volere del lavoratore non ènecessario che questi risulti privo delle facoltà  intellettive e volitive ma èsufficiente che tali facoltà  risultino diminuite in maniera tale da pregiudicare la consapevolezza dell’azione che sta per compiere.

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Obbligo controllo fattura soggetto ricevente

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16437 del 27 luglio 2011 ha ribadito ancora una volta l’obbligo del destinatario della fattura di controllare il documento e di procedere alla sua regolarizzazione nel caso in cui il soggetto emittente abbia commesso degli errori nella sua compilazione, dando al negozio o al rapporto una qualificazione diversa da quella dovuta.

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Organizzazione aziendale non puಠessere imposta dai giudici

La Corte di Cassazione con la sentenza n.17093 dell’8 agosto 2011 ha annullato la decisione della Corte d’Appello, chiedendo ai giudici di secondo grado di esprimersi nuovamente sul caso in esame in quanto la motivazione posta a sostegno della decisione risulta superficiale e illogica.

La Corte d’Appello, in particolare, con la sentenza in esame aveva chiesto il reintegro sul posto di lavoro del lavoratore licenziato per aver fatto delle avances nei confronti di un’inquilina dello stabile in cui stava svolgendo la sua prestazione lavorativa, dopo che le accuse mosse nei confronti del lavoratore erano state ridimensionate dalla testimonianza della stessa donna.

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Licenziamento per inidoneità  fisica del lavoratore

In caso di sopravvenuta inidoneità  fisica del lavoratore allo svolgimento dell’impiego il datore di lavoro puಠprocedere al licenziamento per giustificato motivo, purchèriesca a provare l’impossibilità  di porre in essere delle azioni in grado di evitare il licenziamento stesso.

A ribadirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16195 del 25 luglio 2011, con la quale ha sottolineato che in caso di inidoneità  fisica all’impiego trova applicazione la regola generale in forza della quale grava sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza dei motivi che hanno portato al licenziamento del dipendente.

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Infortunio del lavoratore con concorso di colpa

In materia di sicurezza sul lavoro èarrivata dalla Corte di Cassazione una sentenza che ribadisce ancora una volta la non esclusione della responsabilità  del datore di lavoro in caso di infortunio del lavoratore anche se questo èstato in parte causato dalla negligenza o imperizia di quest’ultimo.

La sentenza èla n.14997 del 7 luglio 2011, con la quale la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da un lavoratore nei confronti della sentenza con la quale la Corte d’appello aveva respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti del datore di lavoro.

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Firma busta paga non ha valore confessorio

In materia di busta paga la Corte di Cassazione ha pronunciato diverse sentenze attraverso le quali ha pi๠volte ribadito che la firma apposta dal lavoratore non ha alcuna rilevanza ai fini della veridicità  dei dati in essa contenuti, a partire dalla retribuzione e fino ad arrivare all’inquadramento del lavoratore.

La firma del lavoratore non puಠessere invocata dal datore di lavoro neanche nel caso in cui in calce al documento figuri in prossimità  della firma del ricevente la dicitura “firma per ricevuta”, in quanto secondo quanto stabilito dal Codice civile occorre sempre verificare la reale intenzione delle parti.

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Infortunio sul lavoro e imprudenza del dipendente

In caso di infortunio sul lavoro di un suo dipendente, il datore di lavoro risulta responsabile anche se l’infortunio èstato causato da una condotta imprudente di quest’ultimo, qualora tale condotta sia stata determinata o agevolata da un assetto organizzativo del lavoro non rispettoso delle norme antinfortunistiche.

A ribadire questo consolidato orientamento giurisprudenziale èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14507 del 1° luglio 2011, con la quale èstata ribadita la responsabilità  del datore di lavoro qualora questi sia a conoscenza del fatto che l’assetto organizzativo del lavoro non èrispettoso delle norme antinfortunistiche e ignori completamente tale circostanza, non facendo nulla per modificarlo al fine di eliminare ogni possibile pericolo.

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