Obbligo di motivazione contratto a tempo determinato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14283 del 28 giugno 2011 ha precisato che in capo al datore di lavoro sorge sempre l’onere di provare le condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro.

La Corte, in particolare, ha ricordato che nonostante l’esistenza della legge n. 56 del 1987 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità  di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro oltre a quelle già  previste dalla legge, il datore di lavoro deve sempre poter giustificare con prove concrete le motivazioni che hanno portato all’apposizione di un termine di durata, anche quando l’ipotesi contemplata èprevista dal contratto collettivo di riferimento.

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Retroattività  parametri e studi di settore

In tema di studi di settore la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12786 del 10 giugno ha stabilito la legittimità  dell’applicazione retroattiva degli strumenti pi๠evoluti, sottolineando come i parametri utilizzati costituiscono una procedura di accertamento unitaria e che risulta essere il frutto di continue evoluzioni volte a migliorare tali strumenti.

Ne deriva, quindi, che l’applicazione dello strumento pi๠recente garantisce maggiore affidabilità  del risultato a cui si ègiunti.

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Licenziamento e investigatore privato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12489 dell’8 giugno 2011 ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore licenziato dopo che il suo datore di lavoro ha accertato alcune violazioni a suo carico assumendo un investigatore privato.

La Suprema Corte ha dunque confermato le due precedenti sentenze rispettivamente pronunciate dalla Corte territoriale di Roma e dalla Corte d’Appello e che, allo stesso modo, hanno definito illegittime le pretese del lavoratore e giustificata la decisione del datore di lavoro di procedere al licenziamento.

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Cassa integrazione illegittima per mancata comunicazione criteri di scelta

La Corte di Cassazione con la con sentenza n.12056 del 31 maggio 2011 ha ancora una volta ribadito l’illegittimità  della cassa integrazione qualora il datore di lavoro ometta non solo di consultare i sindacati, ma anche nel caso in cui non vengano comunicati alle organizzazioni sindacali i criteri utilizzati per individuare i lavoratori colpiti dal provvedimento.

La Suprema Corte, in particolare, nella suddetta sentenza ha sottolineato che l’articolo 1, comma 7, della L. n. 223 del 1991 prevede l’obbligo del datore di lavoro di comunicare alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, anche dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 218 del 2000.

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Prescrizione indennità  ferie non godute

L’indennità  che viene corrisposta al lavoratore in caso di ferie o permessi non goduti ha una prescrizione decennale in quanto ha natura risarcitoria e non retributiva.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con sentenza n. 10341 dell’11 maggio 2011, con la quale ha riconosciuto natura risarcitoria all’indennità  spettate al lavoratore in caso di ferie o permessi non goduti alla luce del fatto che si tratta di un inadempimento contrattuale del datore di lavoro e che èquindi tenuto al risarcimento del danno.

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Ritenuta d’acconto non versata dall’azienda

La Corte di Cassazione con la sentenza n.9867 del 5 maggio 2011 ha stabilito che il mancato versamento della ritenuta d’acconto da parte del datore di lavoro non esonera il lavoratore dall’obbligo del versamento, alla luce del fatto che l’obbligo del pagamento del tributo èanche a carico del lavoratore contribuente.

Nel caso in esame, in particolare, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e ha rigettato la sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria che, in considerazione della buona fede del soggetto, aveva accolto il ricorso di una contribuente esonerando la stessa da ogni obbligo fiscale per la fattispecie in esame, evidenziando l’obbligo primario del datore di lavoro.

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Licenziamento per violazione divieto di concorrenza

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8969 del 19 aprile 2011 ha stabilito che affinchèun licenziamento per violazione del divieto di concorrenza sia valido ènecessario che il datore di lavoro fornisca la prova di tale violazione, ossia prova dello svolgimento da parte del lavoratore della trattazione di affari per conto proprio o di terzi e del carattere concorrenziale di tale attività  imprenditoriale.

Nel caso in cui il datore di lavoro non fornisce prova della trattazione di affari per conto proprio o di terzi, oppure manca la prova del carattere concorrenziale di tale attività  o ancora, pur in presenza della dimostrazione dello svolgimento da parte del lavoratore di un’attività  concorrenziale questa risulta essere stata svolta in una realtà  territoriale distante, il licenziamento risulta illegittimo.

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Canone di depurazione non dovuto

Con la sentenza n. 8318 del 14 aprile 2011 la Corte di Cassazione ha stabilito che il canone di depurazione non puಠessere richiesto ai cittadini dai comuni che sono sprovvisti dei relativi impianti.

Con la sentenza in esame, in particolare, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da una fondazione, che chiedeva l’accertamento dell’illegittimità  della richiesta avanzata dal comune dal momento che questo era sprovvisto di un impianto di depurazione.

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Responsabilità  per bancarotta estesa dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha depositato tre diverse sentenze con le quali sono stati ulteriormente allargati i criteri utilizzati per individuare la responsabilità  in caso di reato per bancarotta.

Con la prima sentenza (sentenza n. 15065 del 13 aprile 2011), in particolare, la Suprema Corte ha esteso la responsabilità  in caso di reato per bancarotta anche ai semplici amministratori di fatto, ossia a coloro che esercitano il loro potere in maniera occulta essendosi serviti di un prestanome.

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Licenziamento per lavoro durante congedo parentale

La violazione dell’espresso divieto di svolgere un’altra attività  lavorativa durante la fruizione dei congedo parentale non puಠessere punita in ogni caso con il licenziamento, in quanto in tema di sanzioni disciplinari vige il principio della proporzionalità  della sanzione rispetto alla gravità  dell’infrazione.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7021 del 25 marzo 2011, con la quale èstato rigettato il ricorso presentato da una società  che aveva licenziato un suo dipendente perchèquesti aveva svolto attività  lavorativa per quattro giorni alle dipendenze di un’altra società  durante il periodo di congedo familiare.

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Risarcimento danni per stress da lavoro straordinario

Il lavoratore che su richiesta del suo datore di lavoro svolge un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario e che per tale ragione viene colpito da stress psicofisico ha diritto al risarcimento del danno biologico. L’entità  del risarcimento, tuttavia, non puಠessere determinata dal giudice sulla base dei dati forniti dalle parti ma deve essere stabilita dal medico legale.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5437 dell’8 marzo 2011, con la quale ha accolto in parte il ricorso presentato dalla società  datrice di lavoro avverso la sentenza della Corte d’Appello.

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Risarcimento demansionamento o dequalificazione

L’art. 2103 del Codice Civile sancisce l’illegittimità  dell’assegnazione di mansioni inferiori da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Qualora il datore di lavoro agisca in violazione di questa norma, infatti, il lavoratore puಠrifiutarsi di compiere la prestazione senza dar luogo al cosiddetto “sciopero delle mansioni“, inoltre èlegittimato a ricevere un risarcimento del danno e a presentare dimissioni per giusta causa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 5237 del 4 marzo 2011 ha stabilito che in caso di demansionamento o dequalificazione professionale, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale non ricorre automaticamente.

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Falsificazione foglio presenze

La falsificazione del foglio presenze non costituisce presupposto per il licenziamento ma solo per una sanzione disciplinare.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5019 del 1° marzo 2011, nella quale viene stabilito che il dipendente che lascia il posto di lavoro prima della fine del turno alterando il foglio presenze èpunibile solo con una sanzione disciplinare.

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Permessi studio lavoratori a tempo determinato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3871 del 17 febbraio 2011 ha stabilito che il diritto ad avere permessi retribuiti per motivi di studio spetta non solo al lavoratore con contratto a tempo indeterminato ma anche al lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato.

Con questa sentenza, in particolare, la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dal Ministero della Giustizia avverso una sentenza che riconosceva la fruibilità  di permessi studio a favore di un dipendente assunto con contratto di lavoro a tempo determinato.

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Giustificazione beni propri comprati da altri

In tema di redditometro èutile sapere che l’utilizzo da parte dei propri parenti di un bene non dimostra che questi siano i reali acquirenti del bene stesso, per cui in capo al proprietario permane l’onere di giustificare il maggior reddito grazie al quale si èacquistato il bene.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3096 dell’8 febbraio, con la quale èstato giudicato il caso di un contribuente che aveva impugnato alcuni avvisi di accertamento derivanti dal fatto che aveva acquistato una barca e un terreno nonostante in base al reddito dichiarato non disponesse dei soldi necessari per effettuare tali acquisti.

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