
Permessi retribuiti per esami prenatali



Secondo quanto rilevato dall’Istat, infatti, in Italia nel biennio 2008-2009 sono state ben 800.000 le donne che hanno lasciato il lavoro per motivi legati alla maternità . Nella sola Regione Lombardia, inoltre, ogni anno si dimettono circa 5.000 neomamme.

Tali ore si raddoppiano in caso di parto gemellare o plurimo e in caso di adozione di due o pi๠bambini, anche se entrati in famiglia in date diverse.


L’art. 7 del Decreto, in particolare, stabilisce che èvietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonchè ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri, ovvero quelli che riguardano il trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa.


Esistono due tipologie di assegno di maternità , quello erogato dallo Stato e quello erogato dai Comuni. Il primo èa carico dello Stato e viene erogato e concesso dall’Inps, mentre il secondo èconcesso dai Comuni e viene erogato dall’Inps in presenza di determinati requisiti reddituali.

Anche in questo caso la lavoratrice madre ha la possibilità di usufruire dell’opportunità concessa dalla riforma del 2000 e d’accordo con il proprio datore di lavoro e con l’assenso del medico puಠscegliere di assentarsi dal lavoro nel mese che precedente la data presunta del parto e nei quattro successivi. I periodi di assenza per maternità devono essere considerati ai fini dell’anzianità di servizio.

Nel suddetto periodo, tuttavia, la lavoratrice èlibera di licenziarsi presentando al datore di lavoro la consueta lettera di dimissioni, anche se in questo caso affinchè la risoluzione del rapporto di lavoro venga attuata ènecessario che tali dimissioni vengano convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del Lavoro competente per territorio.

L’istituto di previdenza sociale, in particolare, ha chiarito che il congedo di maternità e il relativo trattamento economico che ne deriva spetta solo nel caso in cui l’interruzione della gravidanza avviene a partire dal 180° giorno dopo l’inizio della gestazione, individuato mediante un calcolo a ritroso di trecento giorni dalla data presunta del parto.

La Corte, infatti, ha dichiarato l‘illegittimità costituzionale dell’art. 16, lettera c, del D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001, nella parte in cui non consente alla madre di usufruire del congedo obbligatorio che le spetta a partire dal momento in cui il neonato viene dimesso dall’ospedale.

In determinati casi, tuttavia, le lavoratrici in dolce attesa possono chiedere di usufruire del congedo di maternità anticipata che viene disposto dalla Direzione Provinciale del lavoro (Ispettorato del lavoro) sulla base di un accertamento medico.

La disciplina, tuttavia, varia seconda del periodo di tempo che intercorre tra la scadenza del contratto e la presunta data del parto.
