Lettera di licenziamento

L’Art. 2118 del Codice Civile stabilisce che “ciascuno dei contraenti puಠrecedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità “.

Nel caso in cui il lavoratore intenda licenziarsi deve presentare al datore di lavoro una lettera di dimissioni, in caso contrario èil lavoratore che deve far recapitare al lavoratore la lettera di licenziamento.

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Criteri di scelta dei licenziamenti collettivi

Sono diversi i casi in cui le aziende di trovano a dover attuare dei licenziamenti collettivi, una scelta difficile e complicata soprattutto alla luce del fatto che per individuare le persone che dovranno essere licenziate occorre tenere in considerazione una serie di criteri di scelta, anche al fine di evitare scioperi e impugnazioni.

I criteri di scelta da tenere in considerazione sono sostanzialmente tre: carichi di famiglia, anzianità  aziendale e un parametro tecnico organizzativo.

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Impugnazione licenziamento lavoratori a tempo determinato e co.co.co.

L’articolo 32 del collegato lavoro ha introdotto importanti novità  in merito ai termini previsti per l’impugnazione dei provvedimenti del datore di lavoro e che riguardano i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato, inclusi i co.co.co.

In forza di questa norma, dunque, il recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa deve essere impugnato entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione.

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Tassazione indennità  di licenziamento ingiustificato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26385 del 30 dicembre 2010 ha stabilito che l’indennità  prevista dal contratto dei dirigenti di aziende industriali in caso di licenziamento ingiustificato o di recesso per giusta causa èassoggettato a tassazione separata e ritenuta d’acconto.

La Suprema Corte, in particolare, ha richiamato gli articoli 6 e 16 del D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986, in forza dei quali tutte le indennità  conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento del danno consistenti nella perdita dei redditi costituiscono redditi da lavoro dipendente, quindi sul lavoratore grava l’onere di dimostrare che l’indennità  riguarda voci di cosiddetto risarcimento puro e quindi esenti da tassazione.

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Licenziamento per negligenza e scarso rendimento

Il datore di lavoro èlegittimato a licenziare un proprio dipendente per scarso rendimento qualora sulla base della valutazione complessiva dell’attività  lavorativa svolta dal lavoratore venga provata una violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, cosଠcome pure èlegittimo il licenziamento per scarso rendimento nel caso in cui il lavoratore manifesti un atteggiamento negligente protratto nel tempo e non modificato a seguito dei richiami dei suoi superiori.

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Licenziamento per falsa condotta violenta del datore di lavoro

La Corte di Cassazione ha stabilito che èlegittimo il licenziamento di un lavoratore che accusa il datore di lavoro di condotta violenta denunciata come infortunio sul lavoro.

Il riferimento èla sentenza n. 24138 del 29 novembre 2010, con la quale èstata giudicata la vicenda che vede come protagonista una lavoratrice che, dopo essere stata pi๠volte invitata dal suo datore di lavoro a ritornare alla sua postazione, da cui si era allontanata senza autorizzazione, èstata ulteriormente invitata a ritornare al suo posto con una presa per il braccio da parte del datore di lavoro.

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Licenziamento per superamento periodo di comporto

Il licenziamento individuale per superamento del periodo di comporto rientra nella fattispecie di licenziamento per giustificato motivo e non in quella del licenziamento disciplinare, di conseguenza il datore di lavoro non ha l’obbligo di contestare le singole assenze del lavoratore ma si puಠlimitare ad indicare il numero totale di assenze relative ad un determinato periodo.

A confermarlo èstata la sentenza della Corte di Cassazione n. 23920 del 2010, che di fatto annulla il precedente orientamento adottato dalla Corte stessa e che prevedeva per il datore di lavoro l’obbligo di indicare i giorni di assenza, in modo tale da consentire al lavoratore di poter replicare.

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Licenziamento durante il periodo di prova

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23224 del 17 novembre 2010 ha chiarito alcuni dubbi interpretativi in merito al licenziamento durante il periodo di prova.

La fattispecie èdisciplinata dall’art. 2096 del codice civile, il quale al 3° comma stabilisce che “durante il periodo di prova ciascuna delle parti puಠrecedere dal contratto, senza l’obbligo di preavviso o d’indennità . Se perಠla prova èstabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà  di recesso non puಠesercitarsi prima della scadenza del termine“.

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Dimissioni senza preavviso

Nel caso in cui il lavoratore intende interrompere un rapporto di lavoro deve presentare al suo datore di lavoro la lettera di dimissioni e dare il preavviso, ossia continuare a lavorare regolarmente per un periodo di tempo che varia seconda del contratto e della volontà  delle parti.

In determinati casi, tuttavia, il lavoratore puಠnon dare il preavviso. Questa accade sostanzialmente in tre casi: durante il periodo di prova, quando il lavoratore e il datore di lavoro si accordano e stabiliscono che non ènecessario il periodo di preavviso e quando le dimissioni vengono presentate per giusta causa, intendendosi per tale una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto.

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Collegato Lavoro: la nuova disciplina dei licenziamenti

Le novità  forse pi๠importanti e certamente pi๠discusse introdotte dal Collegato Lavoro riguardano una serie di rigidità  introdotte a proposito della disciplina dei licenziamenti.

Il lavoratore che intende impugnare il suo licenziamento ritenendolo illegittimo ha ora solo sessanta giorni di tempo per renderlo noto con qualunque mezzo (l’ideale sarebbe una raccomandata A/R al datore di lavoro) e deve depositare il ricorso in tribunale o esperire il tentativo (oggi divenuto facoltativo) di conciliazione entro i successivi centottanta giorni; infine, se la mediazione fallisce, il successivo ricorso in tribunale deve avvenire entro sessanta giorni. Se questi termini non sono rispettati, l’azione diviene improcedibile.

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Collegato Lavoro: conciliazione facoltativa

Dopo un lungo esame parlamentare durato un anno e mezzo, il Senato ha varato in via definitiva il cosiddetto “Collegato Lavoro”, ossia la legge che porta numerose innovazioni sulla disciplina del lavoro.

La legge èun autentico calderone ricolmo di norme molto eterogenee, che apportano una serie di microinterventi su tante questioni differenti, alcuni dei quali anche di un certo peso. Vediamo, dunque, quali sono i provvedimenti pi๠importanti.

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Scontrini omessi, il dipendente rischia il licenziamento

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La Corte di Cassazione (sentenza n. 26991/2009) ha confermato i verdetti dei tribunali di primo e secondo grado che avevano ritenuto legittimo il licenziamento di una commessa che non batteva gli scontrini.

La storia èsemplice: la donna era addetta al bar di un noto casinà², e con una certa frequenza ometteva di certificare i corrispettivi delle consumazioni (senza, peraltro, che vi fossero alla base motivazioni particolari, se non la semplice pigrizia).

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Telecom: crisi, esuberi, scioperi e fusioni

La situazione di Telecom Italia, già  in pesante difficoltà  da parecchi mesi, si èaggravata ulteriormente negli ultimi tempi, come inevitabile conseguenza della crisi globale.

In precedenza, i vertici della società  e i sindacati avevano trovato un faticoso accordo, dopo lunghe trattative, che prevedeva la messa in mobilità  di ben cinquemila dipendenti. Ma ora che filtrano i piani della dirigenza di Telecom e del suo amministratore delegato Franco Bernabà¨, le rappresentanze dei lavoratori ritornano precipitosamente sul sentiero di guerra.

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Trattamento di fine rapporto: seconda parte

lavoro subordinato

L’aliquota di rivalutazione si determina sommando un coefficiente fisso (1,5%) e un coefficiente variabile, pari ai tre quarti dell’indice di inflazione riferito alle famiglie di impiegati e operai, cosଠcome determinato dall’ISTAT su base annua. Percià², se l’indice di inflazione fosse pari al 4%, il coefficiente di rivalutazione risulterebbe complessivamente pari al 4,5%.

Se il TFR fosse soggetto a normale tassazione, il suo ammontare farebbe salire notevolmente i redditi del percettore, e poichè il nostro sistema tributario prevede aliquote progressive per scaglioni, questo comporterebbe come conseguenza un pesante prelievo fiscale. Per agevolare i lavoratori, la legge prevede dunque un complesso sistema di tassazione sostitutiva (che, per semplicità , in questa sede si èpreferito omettere), con lo scopo di tassare a parte il TFR con aliquote agevolate ed evitare dunque che esso si sommi agli altri redditi.

Normalmente il trattamento di fine rapporto – come d’altronde dice la parola stessa – si fruisce integralmente al momento della conclusione del rapporto di lavoro; talvolta, tuttavia, èpossibile chiedere un anticipo su tale somma.

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