Rapporto 2009 della Guardia di Finanza

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Il generale Cosimo Arrigo, comandante della Guardia di Finanza, ha presentato a Roma il tradizionale rapporto annuale sull’attività  delle Fiamme Gialle fra il mese di gennaio e quello di novembre dell’anno ormai agli sgoccioli.

La lotta all’evasione fiscale, già  molto accesa negli ultimi anni, si èulteriormente intensificata, e a quest’attività  si èdedicato il 50% dell’attività  complessiva dei funzionari. Sono stati eseguiti oltre centomila fra controlli e verifiche, che hanno portato all’emersione di oltre trenta miliardi di euro di redditi non dichiarati, oltre a quasi cinque miliardi e mezzo di IVA non fatturata e/o non versata.

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Panama, l’ultimo baluardo dei paradisi fiscali

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L’offensiva scatenata da tutti i Paesi occidentali contro quelli che nel linguaggio comune sono impropriamente chiamati “paradisi fiscali” (in realtà , sono soprattutto paradisi finanziari) ha portato molti di essi a sgretolarsi e molti altri a cercare perlomeno di scendere a patti.

La minaccia concreta di sanzioni e boicottaggi nonchè la fuga massiccia e repentina dei capitali accumulati in tanti anni da imprenditori e magnati, infatti, rischiano di fare a brandelli le rispettive economie.

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San Marino cerca l’intesa con l’Italia

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La Repubblica del Titano vive in questi mesi un periodo finanziario difficilissimo. Lo scudo fiscale adottato dal Governo italiano e le analoghe misure varate dagli esecutivi di mezzo mondo si stanno rivelando un colpo durissimo alle economie dei piccoli Stati che hanno fondato le proprie fortune sulla competitività  fiscale e finanziaria.

Se formalmente i rapporti fra il nostro Paese e la piccola enclave collocata fra Marche e Romagna sono ampiamente cordiali, la verità  èche San Marino sta oggi cercando un sistema per uscire dalla palude in cui èfinito e ritrovare un proprio spazio competitivo di genere diverso da quello che tanta fortuna ha avuto nei decenni passati.

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Deduzione delle spese nei paradisi fiscali

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Fra le numerose norme antielusive presenti nel nostro ordinamento tributario, una delle pi๠importanti ècontenuta nell’art. 110 del DPR 917/1986, analizzata a fondo nella recente circolare 46/2009 dell’Agenzia delle Entrate.

E’ stabilito che un’impresa puಠdedurre dal reddito gli oneri relativi all’acquisto di beni e servizi forniti da soggetti residenti in Paesi iscritti nella famigerata “black list” del Ministero delle Finanze, e cioèi paradisi fiscali, soltanto se l’imprenditore stesso dimostra che quel dato fornitore svolge effettivamente al suo Paese un’attività  economica, che la spesa si èverificata veramente e che vi sono state reali ragioni aziendali che hanno motivato tale acquisto.

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Scudo fiscale: le modalità  di rimpatrio

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Chi aderisce allo scudo fiscale scegliendo la soluzione del rimpatrio, si trova davanti a tre modalità  tecniche da valutare.
La prima, e pi๠comune, consiste nel trasferire denaro e titoli presso una banca residente in Italia (“rimpatrio materiale”).

La seconda (“trasporto al seguito”) èadatta soprattutto per gioielli od opere d’arte, e consiste nel farli passare fisicamente alla frontiera: in questo caso, perà², occorre presentare un’apposita dichiarazione alle autorità  doganali, perdendo la possibilità  dell’anonimato che invece èfacile da conseguire nel rimpatrio materiale, in cui per esempio èpossibile ricorrere ai servigi di una società  fiduciaria nel ruolo di intermediario.

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Scudo fiscale: la scelta fra rimpatrio e regolarizzazione

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Fra i tanti aspetti da analizzare, chi intende aderire allo scudo fiscale dovrà  eseguire la scelta fra la soluzione del rimpatrio e quella della regolarizzazione, alternative fra loro. Nella prima ipotesi, i capitali e gli altri beni detenuti all’estero e non dichiarati in precedenza vengono riportati sul nostro territorio, mentre nella seconda ipotesi rimangono dove sono.

In realtà  la scelta fra le due ipotesi non èindifferente: le conseguenze sono diverse, e inoltre non sempre entrambe le strade sono percorribili.

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Riflessioni sullo scudo fiscale

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In queste settimane, tutti i quotidiani e le riviste specializzate analizzano il provvedimento legislativo sul ritorno agevolato dei capitali e delle attività  detenuti all’estero e non dichiarati alla data del 31 dicembre 2008, soffermandosi sia sulle questioni tecniche che sugli inevitabili risvolti politici ed etici.

Un’interessante analisi a tutto tondo èstata pubblicata nei giorni scorsi dal quotidiano “La Stampa”.

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Dimostrare la residenza in un paradiso fiscale

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Quello dei paradisi fiscali èun problema ancora difficile da sradicare nonostante il profluvio di norme in materia che penalizzano chi dichiara la residenza in uno dei Paesi o territori iscritti nella famigerata “black list” elaborata dal ministero delle Finanze.

Fra le tante leggi, la pi๠semplice e micidiale èquella che stabilisce che chi si dichiara residente in un paradiso fiscale èreputato come residente in Italia, e dunque tassato per tutti i suoi redditi secondo le nostre norme, a meno che non sia egli stesso a dimostrare di vivere davvero nel territorio considerato.

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Paradisi fiscali: l’OCSE si ricompatta nella battaglia

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Le severe sanzioni e il rafforzamento delle indagini contro la detenzione di capitali illecitamente esportati nei cosiddetti paradisi fiscali, contenuti nella manovra estiva, rientrano nel quadro di lotta senza quartiere promossa recentemente dall’OCSE.

In occasione del recente summit finanziario a Berlino, i rappresentanti di diciannove dei Paesi aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico si sono ricompattati dopo parecchie incomprensioni sull’argomento: incomprensioni pi๠che evidenti, dato che persino alcuni fra loro sono stati indicati nella “lista nera” dell’OCSE, o anche nella pi๠ambigua “lista grigia”.

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Contrasto ai paradisi fiscali

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All’interno della manovra estiva trova spazio anche un articolo, il numero 12, intitolato significativamente “Contrasto ai paradisi fiscali”.

Composto da tre commi, insolitamente il primo di essi contiene una dichiarazione di intenti sui commi successivi, ossia l’intenzione di dare attuazione alle decisioni dell’OCSE per spingere all’emersione di attività  economiche e finanziarie detenute in Paesi caratterizzati da un regime tributario privilegiato, come ad esempio il Liechtestein: i cosiddetti “paradisi fiscali”.

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Il Liechtenstein cambia rotta sui trust

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Non ècerto l’unico al mondo, ma certamente èfra i pi๠“rinomati” paradisi fiscali del mondo: il Liechtenstein si ècostruito negli anni una fama che ora sta diventando scomoda.

La bolla èscoppiata circa un anno fa, quando il Fisco tedesco acquistಠa peso d’oro un’infinità  di dati bancari su contribuenti (soprattutto tedeschi, ma anche un buon numero di italiani) che avevano depositato ingenti capitali di dubbia origine presso la principale banca del Paese, la Lgt.

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Istruzioni monumentali per le Fiamme Gialle

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Con la circolare n. 1/2009, il Comando Generale della Guardia di Finanza ha diffuso a favore di tutti gli aderenti al corpo un monumentale kit di istruzioni per la loro attività  investigativa nell’ambito fiscale: oltre mille pagine molto dettagliate, per un approccio completo (pressochè enciclopedico) su tutte le tematiche di interesse.

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