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Licenziamento per giusta causa offese per email

Foto | Paul Ellis/AFP/Getty Images

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un nuovo precedente per quanto riguarda i licenziamenti per giusta causa nel mondo del lavoro. In particolare la sentenza numero 22396 emessa lo scorso 1 ottobre, ha dichiarato legittimo il licenziamento del lavoratore che si èmacchiato di avere offeso il proprio datore di lavoro per email.

Tale sentenza farà  infatti da giurisprudenza in futuro ed èla prima volta che si stabilisce un giudizio del genere. La Suprema Corte ha infatti stabilito che licenziare un dipendente che abbia offeso il legale rappresentante della società  attraverso l’utilizzo della posta elettronica sia legittimo. La stessa Cassazione ha anche detto che non spetta perಠalla società  il diritto di risarcire il danno non patrimoniale nel caso in cui le offese e le ingiurie non siano trapelate all’esterno.

La sentenza si èresa necessaria per dirimere la situazione di un lavoratore che èstato licenziato dopo aver offeso per email il legale rappresentante della società  datrice di lavoro. Nel dettaglio il lavoratore era impiegato in una società  con responsabilità  limitata a cui era legato con un contratto a progetto e svolgeva la funzione di collaboratore.

Le offese e le ingiurie del lavoratore erano state piuttosto esplicite nei confronti del legale rappresentante della società . Oltre ad offendere sul piano personale il suo superiore, si era permesso anche di dire che altri colleghi avevano deciso di abbandonare la società  proprio per la brutta gestione dell’ambiente e che molti altri colleghi avrebbero fatto lo stesso. Le ingiurie erano pervenuto per mezzo di email al legale rappresentate della società 

Una precedente sentenza emessa in secondo grado da parte della Corte di Appello aveva riformato la sentenza del Tribunale di Primo Grado e aveva condannato il lavoratore a versare una somma a titolo di risarcimento alla sua società . Nel dettaglio il dipendente avrebbe dovuto versare una cifra di circa tremila euro in favore dell’azienda a titolo di  risarcimento del danno non patrimoniale; tali danno avevano infatti ad oggetto l’offesa all’immagine della società . Il danno era stato subito dall’azienda stessa a causa della valenza diffamatoria delle dichiarazioni contenute nella mail mandata da parte del collaboratore.

Lo stesso dipendente ha deciso perಠdi ricorrere in Cassazione dopo questa sentenza; la Suprema Corte ha perಠribadito un concetto pi๠volte utilizzato in altre sentenze, secondo cui “nei confronti della persona giuridica ed in genere dell’ente collettivo èconfigurabile la risarcibilità  del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra quello relativo all’immagine, allorquando si verifichi la sua lesione.”.

In base a questa decisione, la Cassazione ha stabilito che il licenziamento sia legittimo, ma che il lavoratore non debba procedere al risarcimento del danno non patrimoniale.