Le recenti riforme hanno smussato molti limiti della previgente disciplina per favorire il ricorso da parte delle imprese in crisi a questa soluzione normativa, meno traumatica del fallimento e sostanzialmente pià¹
conveniente tanto per l’imprenditore quanto per i creditori.
E, col passare del tempo, pare che l’obiettivo del legislatore stia trovando soddisfazione. Un’indagine del Cerved informa che, fra le società di capitali, sono già 366 quelle che sono state ammesse al concordato nel primo semestre del 2009, laddove nell’intero 2008 erano state 309 e negli anni precedenti via via sempre di meno. Rispetto al totale delle procedure concorsuali, inoltre, i concordati sono balzati dal 25% (2007) al 52% (2009).
L’analisi del Cerved dimostra che al concordato sono ammesse imprese che mediamente sono otto volte pi๠grandi (in termini di fatturato) rispetto alle aziende che falliscono. Questo perchè le piccole imprese in genere subiscono la crisi, laddove i dirigenti delle medio-grandi tendono ad approntare strumenti contabili che la monitorano costantemente, e sono pi๠predisposti ad attivare uno strumento come il concordato preventivo che richiede un certo impegno organizzativo.
Nel 70% dei casi, tuttavia, il concordato fallisce i suoi obiettivi e subentra il fallimento: questo perchè frequentemente la società in crisi tende ad aspettare troppo prima di muovere i suoi passi, e la crisi diviene intanto irrecuperabile.