Il regime dei contribuenti minimi, nato con la legge 244/2007, prevede numerose agevolazioni nella tenuta della contabilità e nel calcolo dell’imponibile fiscale, nonchè l’esenzione totale dall’IRAP e dagli studi di settore: un regime di favore previsto per imprenditori e professionisti minori, anche se non sempre conveniente dal punto di vista della pressione fiscale.
La legge stabilisce delle regole precise per essere considerati “contribuenti minimiâ€, e le relative soglie non possono essere superate, pena la decadenza dal regime. Fra queste soglie, la pi๠contestata dai contribuenti e dagli analisti èquella degli acquisti effettuati negli ultimi tre anni, che non deve superare il limite di quindicimila euro.
Le norme dell’imposta sul valore aggiunto consentono ad alcune categorie di imprenditori di usufruire di notevoli semplificazioni. In realtà , queste non riguardano tanto l’entità dell’imposta da riversare all’Erario (che talvolta, anzi, puಠrisultare pi๠onerosa) bensଠsulle modalità di calcolo e in generale sugli adempimenti formali che circondano il tributo.
Una delle categorie interessate èquella degli esercenti attività agrituristiche. Per essi èinfatti stabilito che l’IVA a credito del periodo di nostro interesse (mese o trimestre che sia) èpari al 50% esatto dell’IVA a debito. In altre parole, il calcolo avviene in maniera forfetizzata.
Si ègià accennato al fatto che, qualora in corso d’anno siano superate le soglie di volume d’affari richieste per l’adesione al regime del “forfettinoâ€, si decade dall’agevolazione.
La legge, in particolare, distingue due diverse ipotesi con relative conseguenze.
La regola generale, infatti, èquella secondo cui il superamento della soglia comporta che dall’anno successivo si decada dal regime agevolato.
Se perಠavviene che la soglia èsuperata di oltre il 50%, allora la decadenza dal regime si ha già nel periodo d’imposta in corso, con effetto retroattivo: questo significa che il contribuente dovrà per esempio operare a posteriori le liquidazioni IVA dei mesi o trimestri precedenti con gli eventuali versamenti (necessariamente tardivi, con tutte le relative conseguenze), nonchè affrettarsi a compilare le scritture contabili riferite al periodo dal primo gennaio dell’anno in corso in avanti.
Innanzitutto, viene meno l’obbligo di tenere la contabilità : sarà perciಠsufficiente emettere tutte le fatture e conservare tutti i documenti d’acquisto, ma senza bisogno di registrare alcunchè.
In secondo luogo, l’IVA ècalcolata solamente una volta all’anno, in sede di dichiarazione. Viene perciಠmeno l’obbligo di tutte le liquidazioni e i versamenti infrannuali, compreso l’acconto di dicembre.
In terzo luogo, nelle fatture emesse non si subisce alcuna ritenuta d’acconto, purchè si specifichi nel documento stesso che il compenso, essendo “soggetto ad imposta sostitutiva ex art. 13 L. 388/2000†(questa la dicitura da inserire in fattura), non èsottoposto ad alcuna ritenuta.
Quali sono i requisiti che occorre detenere congiuntamente per aderire al “forfettino�
Innanzitutto ènecessario che si tratti a tutti gli effetti di una nuova iniziativa; essa non deve consistere in alcun modo nella prosecuzione di un’attività già eseguita in precedenza sotto altra forma. L’unica eccezione si ha per i professionisti che si mettono in proprio dopo il tirocinio legale.
In secondo luogo, ènecessario che il volume d’affari (determinato secondo le ordinarie regole della legge IVA) non superi determinate soglie: € 30.987,41 per i professionisti e per le imprese che prestano servizi. oppure € 61.974,82 per le imprese che operano cessioni di beni.
L’introduzione con la legge Finanziaria dell’anno scorso del regime contabile agevolato per i contribuenti minimi (il cosiddetto “forfettoneâ€, di cui tanto si èparlato) ha spinto il legislatore a spazzare via diversi regimi agevolativi preesistenti che in verità avevano avuto un ben scarso successo, per sostituirli col nuovo regime cui l’ex-ministro Padoa Schioppa ha puntato con decisione.
Esiste solo un regime agevolato preesistente che èsopravvissuto all’azzeramento del 2007: si tratta del cosiddetto “forfettinoâ€, ossia il regime contabile agevolato per le nuove iniziative d’impresa e di lavoro autonomo introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 13 della L. 388/2000.
Fermi restando i diritti amministrativi e patrimoniali concessi ai familiari dal Codice Civile, perchè l’impresa familiare sia riconosciuta da un punto di vista fiscale occorrono diversi requisiti, messi in luce dalla circolare ministeriale n. 98/2000.
Se non sono rispettati tali requisiti, l’intero reddito d’impresa proveniente dall’azienda di famiglia èimputato al titolare, e dunque sarà tassato al 100% in capo a costui.
Innanzitutto, occorre che essa sia stata costituita con atto pubblico o scrittura privata autenticata fin dall’inizio. Se questa forma solenne viene adottata successivamente, essa produce efficacia fiscale solo a partire dall’esercizio seguente.
In secondo luogo, occorre che il singolo familiare non abbia fuori dall’azienda un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, e nemmeno che sia dipendente di terzi.
Gli utili sono da ripartirsi fiscalmente secondo la quantità e qualità del lavoro prestato. In tutti i casi, almeno il 51% del reddito èda attribuirsi al titolare.
Secondo le stesse proporzioni, vanno ripartiti i crediti d’imposta o altre agevolazioni fiscali, cosଠcome le ritenute d’acconto subite. Al contrario, le eventuali perdite di impresa sono in ogni caso attribuite esclusivamente al capofamiglia.
In una “normale†impresa individuale, il titolare puಠliberamente decidere le linee-guida del funzionamento della sua ditta, senza dover rendere conto a nessuno delle sue scelte. Ma nell’impresa familiare, il discorso diventa ben pi๠complesso.
Tutte le decisioni principali, quelle cioèriguardanti l’impiego degli utili, gli indirizzi produttivi, la stessa cessazione dell’impresa, devono essere prese da tutti i familiari impegnati nell’attività . Le decisioni sono prese a maggioranza, secondo il principio cosiddetto “capitarioâ€: ogni familiare ha cioèdiritto ad un voto, senza alcuna eccezione.
I familiari, inoltre, hanno diritto ad una quota degli utili e degli incrementi di valore che l’azienda acquista anno dopo anno, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. àˆ facile comprendere che queste proporzioni siano tutt’altro che facili da determinare.
Ancora: se l’imprenditore intende cedere a terzi l’azienda (e i familiari, come già detto, hanno approvato la cessione a maggioranza), gli stessi hanno diritto di prelazione sull’acquisto.
àˆ da notare che non ha rilevanza alcuna il titolo per cui i familiari prestano il loro lavoro: che siano inquadrati come dipendenti, come collaboratori a progetto o in altra forma, questo non cambia nulla sui diritti che gli sono riconosciuti.
Quando a sparare a zero sul nostro sistema tributario èuna singola statistica, il suo significato èmolto relativo. Quando perà², una dopo l’altra, sono ormai innumerevoli gli studi che arrivano a sostenere le stesse tesi, qualcosa di vero ci deve essere per forza.
Ora èil turno delle ricerche condotte dal gruppo World Bank, che ha messo a confronto 181 nazioni del mondo, confrontandole su due punti di paragone diversi e altrettanto interessanti.
Innanzitutto, si èpresa in considerazione la pressione fiscale reale, definita dal rapporto fra l’insieme delle imposte pagate e gli utili che emergono in bilancio. Se l’IRES italiana sembra avere un peso elevato ma tutto sommato in linea con gli altri Paesi europei, èl’anomalia dell’IRAP a far schizzare verso l’alto il dato complessivo. L’imposta regionale, infatti, non ha alcun paragone nei sistemi impositivi esteri, e la somma di entrambi i tributi porta la pressione fiscale ad un livello insostenibile.
La somma delle rispettive aliquote nominali èrisicata (oggi èal 31,4%), ma in realtà occorre considerare anche i numerosi costi indeducibili, che rendono ben pi๠elevata la base imponibile e, di conseguenza, il carico fiscale.
Accanto allo spinoso tema della deducibilità degli interessi passivi, sono anche altre le richieste di modifica dell’attuale normativa tributaria avanzate formalmente al Governo dalle rappresentanze degli imprenditori nelle ultime settimane.
Su alcune questioni, l’on. Daniele Molgora, attuale sottosegretario all’Economia, si èdichiarato possibilista. Si tratta, in verità , di piccoli miglioramenti alla normativa vigente che non andrebbero a toccare le questioni di fondo, ma comunque utili, non tanto nell’alleggerimento della pressione fiscale (il Governo ha pi๠volte affermato che in questa fase i conti pubblici non lo consentirebbero) bensଠnella semplificazione della giungla di adempimenti fiscali oggi previsti.
Un vanto del nostro tessuto produttivo sono i distretti industriali: pluralità di aziende (talvolta anche centinaia) che operano in stretto contatto l’una con l’altra, normalmente operanti nello stesso ramo e integrate fra loro da rapporti di vario genere, come lo svolgimento in comune di determinate funzioni (approvvigionamenti di materie prime, attività di ricerca e sviluppo ecc.).
Sono diffusi in tutta l’Italia, ma èsoprattutto nel Nord-Est che esse hanno assunto un ruolo-chiave nel prodigioso sviluppo economico di quelle aree.
In numerosi casi di accertamenti fiscali ai danni di celebri personalità del mondo dello sport e dello spettacolo (si pensi ai casi di Luciano Pavarotti o di Valentino Rossi), si èsentito spesso gli organi di informazione affermare che le vicende si sono chiuse con il “patteggiamentoâ€, richiamando un termine tipico della procedura penale.
E spesso l’opinione pubblica ha avuto da ridire su queste conclusioni, ritenendole un inaccettabile regalo fatto a favore di personaggi pi๠o meno influenti.
Una delle norme tributarie pi๠curiose, e anche di rara applicazione, èla cosiddetta “legge Guttuso†che nel 1982 ha consentito ai debitori del Fisco di saldare la propria posizione versando allo Stato non denaro bensଠopere d’arte: quadri, statue, reperti archeologici, libri antichi.
La finalità della legge èquella di consentire allo Stato di acquisire dai privati il patrimonio storico e artistico in loro possesso, per garantirne la tutela e la fruibilità del pubblico.
Il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali (forfettino), èdisciplinato dall’art. 13 della legge 23 dicembre 2000 n. 388.
Il soggetto che andrà ad utilizzare questa opzione, dovrà dichiararlo nel momento di presentazione della dichiarazione di inizio attività e potrà utilizzarlo per un massimo di tre anni.
Il forfettino èutilizzabile da tutte le aziende individuali e familiari.
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