Diritto d’interpello: quinta parte

L’iter descritto negli articoli precedenti, molto lineare, costituisce l’ordinaria procedura d’interpello. Puಠperಠverificarsi il caso in cui tale linearità  venga messa a repentaglio quando l’ente interpellato emette in tempi successivi due pareri di tenore diverso.

All’ente èinfatti riconosciuto dalla legge il diritto di rettificare un suo primo parere con un secondo successivo. In tutti i casi, il secondo parere non puಠessere emesso oltre il termine massimo di centoventi giorni da quando èstata notificata la richiesta d’interpello del contribuente
A questo punto possono verificarsi due situazioni. Se il cittadino non ha ancora posto in essere alcun comportamento in risposta al primo parere, allora il secondo sostituisce a tutti gli effetti il precedente, che ècome se non fosse mai esistito.

Se invece egli ha già  agito, allora il secondo parere ègiunto “fuori tempo massimo”, e dunque sarà  proprio quest’ultimo a doversi considerare come mai emesso.

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Diritto d’interpello: quarta parte

L’ente competente notifica la sua interpretazione al contribuente entro centoventi giorni. Essa, che confermi o meno la soluzione suggerita dall’istante, non stabilisce una verità  assoluta bensଠsolo il parere dell’Amministrazione Finanziaria.

Nel nostro Paese vige sempre la libertà  di interpretazione: le risposte agli interpelli sono “documenti di prassi”, cioètali da persuadere i cittadini a seguire un certo comportamento, ma senza comunque vincolarli. Oltretutto, nemmeno l’ente ètenuto ad uniformarsi, tanto che èfrequente che di fronte a due distinti interpelli, il medesimo ente cambi idea e fornisca un’interpretazione diversa su un caso identico a quello già  valutato a suo tempo.

Il contribuente potrà  dunque sentirsi libero di uniformarsi o meno all’interpretazione offerta dall’ente. Ma esiste una differenza notevole rispetto al già  descritto caso della consulenza rispetto ad una domanda di carattere generale, ed èlegata all’onere della prova.

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Diritto d’interpello: terza parte

L’interrogativo posto dal contribuente puಠconcernere qualunque materia di ambito tributario, senza limiti di argomento.

Egli deve esporre e sottoscrivere il suo caso per iscritto, in carta libera e in esenzione da imposta di bollo, e inviarlo tramite raccomandata oppure consegnarlo a mano all’ente competente, che avrà  centoventi giorni per rispondere.

In particolare, se il discorso riguarda un’imposta locale occorrerà  riferirsi ovviamente all’ente amministrativo corrispondente, mentre nell’ipotesi di un tributo erariale ci sono varie alternative: se la questione riguarda la materia doganale o problemi legati al catasto, l’interpello andrà  inviato rispettivamente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Dogane oppure del Territorio.
Negli altri casi occorrerà  riferirsi all’Agenzia delle Entrate, solitamente alla Direzione Regionale, ad eccezione dei casi in cui l’interpellante sia un ente pubblico oppure sia un privato che nell’anno precedente ha ottenuto ricavi superiori a 258 milioni di euro circa, perchè in questo caso la sede competente èquella centrale, a Roma.

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Diritto d’interpello: seconda parte

Ridurre i ricorsi al contenzioso tributario, che oppone processualmente il contribuente all’Amministrazione Finanziaria, èdivenuto negli anni Novanta uno degli obiettivi fondamentali della politica fiscale italiana.

Il contenzioso si trascina per molti anni, ha un costo pesante per i cittadini e per lo Stato, e ingolfa ulteriormente la già  affaticata macchina della giustizia.
Per questo, alla fine del Novecento furono introdotti una serie di istituti innovativi (i cosiddetti “strumenti deflattivi del contenzioso”), che consentissero di prevenire o risolvere anticipatamente le controversie senza ricorrere alle commissioni tributarie. Fra questi istituti deflattivi, ricordiamo il ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione e il diritto d’interpello.

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Diritto d’interpello: prima parte

I casi della vita sono infiniti, e per quanto una legge possa essere dettagliata, ci saranno sempre degli interstizi non regolamentati fra un articolo e l’altro.

Il discorso diventa tanto pi๠valido se analizziamo la sfera della normativa tributaria. Nel nostro Paese, la produzione di leggi, decreti e regolamenti èsempre stata cosଠfrequente e spesso contraddittoria da lasciare spazio ad un’infinità  di dubbi sull’applicazione concreta di questo bagaglio normativo nella vita di tutti i giorni. E cosà¬, capita ad ogni contribuente di imbattersi in una situazione nella quale non sa esattamente quale norma applicare, o come essa debba essere interpretata in relazione al suo problema.

Nei Paesi anglosassoni èstato introdotto da molti anni un istituto, il ruling, che ha avuto cosଠtanto successo da essere stato esportato in tempi successivi anche in altri Paesi.

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