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Diritto d’interpello: quinta parte

L’iter descritto negli articoli precedenti, molto lineare, costituisce l’ordinaria procedura d’interpello. Puಠperಠverificarsi il caso in cui tale linearità  venga messa a repentaglio quando l’ente interpellato emette in tempi successivi due pareri di tenore diverso.

All’ente èinfatti riconosciuto dalla legge il diritto di rettificare un suo primo parere con un secondo successivo. In tutti i casi, il secondo parere non puಠessere emesso oltre il termine massimo di centoventi giorni da quando èstata notificata la richiesta d’interpello del contribuente
A questo punto possono verificarsi due situazioni. Se il cittadino non ha ancora posto in essere alcun comportamento in risposta al primo parere, allora il secondo sostituisce a tutti gli effetti il precedente, che ècome se non fosse mai esistito.

Se invece egli ha già  agito, allora il secondo parere ègiunto “fuori tempo massimo”, e dunque sarà  proprio quest’ultimo a doversi considerare come mai emesso.


L’interpello ha avuto dal 2000 ad oggi un ruolo fondamentale per ridimensionare drasticamente i contenziosi tributari, anche perchè molti dei pareri emessi sono resi pubblici – mantenendo l’anonimato sull’interpellante – dall’Agenzia delle Entrate (con il nome di “risoluzioni”).

Naturalmente ogni risoluzione fa storia a sè e non comporta conseguenze giuridiche nei confronti dei terzi. Essa produce comunque un enorme valore di persuasione: sapendo infatti in partenza come l’ente interessato interpreta una certa norma, èvidente che chiunque si trovi in seguito in una situazione analoga tenderà  a uniformarsi a propria volta.


Gli ottimi risultati ottenuti dalla legge del 2000 ha spinto il legislatore ad istituire successivamente provvedimenti analoghi presso l’INPS per interpretare le norme sul lavoro e presso la stessa Agenzia delle Entrate in materie delicate e molto specifiche come le società  di comodo e le transazioni internazionali.