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Anche il partner puಠpretendere la retribuzione

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La sentenza n. 1833/2009 emessa dalla Corte di Cassazione potrebbe costituire un importante precedente in tema di coniugi e fidanzati che condividono l’attività  d’impresa del partner.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte èstato sollevato da una donna che per molti anni aveva collaborato gratuitamente presso la ditta individuale del suo compagno e convivente.


Successivamente, quando il rapporto affettivo si era ormai esaurito e la convivenza giunta al termine, la donna ha richiesto all’ex compagno il salario arretrato per tutti gli anni di lavoro prestato. Egli si èperಠrifiutato, e il caso ècosଠfinito davanti ai giudici.

L’imprenditore ha giustificato il suo rifiuto affermando che la collaborazione della donna andava considerata come una normale forma di assistenza interna ad un rapporto sentimentale, e pertanto estranea ad ogni legame del tipo datore-dipendente.


La Suprema Corte ha perಠvalutato il caso sotto un’altra angolatura: èvero che l’assistenza reciproca èun diritto/dovere tipico del matrimonio e che da tempo la magistratura ha riconosciuto la medesima situazione anche nelle convivenze “more uxorio”; nel caso considerato, perà², l’imprenditore non riconosceva alla convivente pari condizioni di vita, lasciandole in definitiva solo qualche spicciolo del ricavato dell’attività  comune.

I magistrati hanno ritenuto che il rapporto in questione non poteva pertanto definirsi assistenziale o solidaristico, e tantomeno paritario.
In mancanza di un’effettiva reciprocità  nei rapporti economici fra le parti, percià², la donna èapparsa ai magistrati della Cassazione come una vera e propria dipendente mai retribuita, e pertanto meritevole del riconoscimento della paga arretrata (insieme alle ferie non godute, al TFR e a tutte le altre componenti).