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Part-time agevolato, come cambia la busta paga

Abbiamo introdotto la questione del part-time agevolato spiegando che si tratta di un’opportunità  per i lavoratori che entro il 2018 matureranno i requisiti per andare in pensione. La loro busta paga si ridurrà  in modo proporzionale al tempo che si asterranno dal lavoro ma cosa cambierà  nello specifico?

Per capire la convenienza del part-time agevolato, siamo andati a cercare delucidazioni sui cambiamenti della busta paga. Repubblica.it riporta una simulazione realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che delinea l’impatto del decreto firmato ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Due i casi presentati.

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Part-time al 60%

Se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità ) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe comparire all’ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioèriconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione “tagliata” in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esentasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società , il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo full-time), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà  la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità  finanzia l’agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perchè nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).

Part-time al 50%

Se lo stesso reddito lordo (25mila euro) accedesse a un part-time al 50%, il quadro si modificherebbe: il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro. Per l’azienda il taglio della remunerazione sarebbe comunque predominante e abbasserebbe il costo del lavoratore a circa 20mila euro, mentre lo Stato dovrebbe far fronte a 4.125 euro di contributi figurativi.