L’avvento della persistente crisi globale, infatti, ha accentuato le difficoltà che già si erano andate manifestando fin dagli anni Novanta, e derivanti principalmente dalla concorrenza della Cina e delle altre tigri asiatiche, con i loro modesti costi del lavoro e la loro sistematica copiatura di tutti i nostri prodotti.
Fra i distretti che pi๠si stanno rivelando immersi nel pieno del pantano c’ anche quello tessile del Trevigiano, che pure èfra i principali del nostro Paese: un mosaico di piccole e medie aziende a fare da corona ai giganti Benetton e Stefanel.
Gli ultimi dati diffusi dall’ufficio studi della Banca Intesa – San Paolo dimostrano la gravità della situazione, che minaccia di radere al suolo un intero assetto produttivo locale. Nel 2009 il fatturato complessivo delle aziende interessate èprecipitato del 20%, e dati anche superiori per la riduzione delle esportazioni (la linfa vitale di queste imprese), che nei primi mesi del 2010 hanno segnato un drammatico -21,7%.
Le risposte che le imprese italiane e occidentali hanno messo in campo contro la concorrenza asiatica sono l’accrescimento della qualità , la diversificazione delle produzioni, la velocità , i servizi di assistenza al cliente; tutto questo, perà², nonostante gli sforzi non ha offerto frutti sufficienti per fronteggiare la crisi.
E rischia anche di crearsi un perverso effetto-domino. Molte piccole aziende hanno dovuto chiudere i battenti o perlomeno ridimensionarsi, togliendo dal mercato una serie di competenze tecniche di cui le aziende superstiti hanno disperato bisogno, entrando cosଠin difficoltà a propria volta. Nè, d’altronde, gli istituti scolastici sfornano quei profili tecnici di cui le aziende trevigiane oggi necessitano.
Fonte: Il Sole 24 Ore