Con crescente frequenza, il legislatore attribuisce determinati bonus di natura tributaria con il meccanismo del cosiddetto “click-dayâ€..

In definitiva, chi presenta tutti i requisiti di legge ma ritarda magari di cinque minuti rispetto ai competitori più svelti si può ritrovare con un pugno di mosche. Ed è facile immaginare quanto possa accanirsi anche la sorte, magari con un’improvvisa e sciagurata interruzione della corrente proprio al momento decisivo.
Contro il meccanismo, considerato assai ingiusto da moltissimi contribuenti, si erano levate finora tante voci di professionisti e imprenditori.
Ma ora, a sostegno delle loro proteste, è intervenuta una sentenza, emanata dalla commissione tributaria di Pescara, che ha esaminato in un colpo solo i ricorsi di ottocento aziende che si erano viste sconfitte nel click-day della primavera scorsa, relativo all’assegnazione del credito d’imposta per le attività di ricerca.
Si tratta, in realtà , solo del verdetto di primo grado e riguardante solamente una prima fetta di aziende (altre centinaia hanno presentato altrettanti ricorsi contro lo stesso click-day). Ma è anche la prima sentenza in assoluto sull’argomento, e dunque ha avuto un impatto notevole sui media specializzati in materia tributaria.
A sostegno della sentenza, due ragioni congiunte: violazione della libera concorrenza (perché pone ingiustificate disparità di trattamento fra imprese con gli stessi requisiti); e violazione dello Statuto del Contribuente, con l’apposizione successiva di limitazioni alla fruizione di un credito d’imposta già “guadagnato†ai sensi della legge istitutiva.