La crisi frena i consumi delle famiglie e il tasso d’inflazione ne risente. Com’è facile capire, infatti, la discesa della domanda..

In particolare, il tasso di crescita su base annua dei prezzi al consumo secondo il paniere di beni per le famiglie di impiegati e operai rilevato dall’ISTAT – nella versione al netto dei consumi di tabacchi – nel mese di maggio si è attestato allo 0,9% (in aprile era all’1,2%).
Per trovare livelli così ridotti, bisogna ritornare indietro di oltre quarant’anni: era, infatti, il novembre del 1968 quando il tasso d’inflazione registrò il ridottissimo 0,7%.
Il tasso d’inflazione, ovviamente, risente in maniera aggregata delle variazioni dei prezzi al consumo di tantissime tipologie di beni, il mercato di ognuno dei quali ha la sua storia e le sue vicissitudini: così, se il prezzo delle bevande alcoliche è salito nell’ultimo anno mediamente del +5% e per gli analcolici si è invece registrato il +2,5%, i trasporti sono precipitati del -3,4%.
Anche dando un’occhiata alle differenze fra le varie aree del Paese, si riscontrano alcune differenze piuttosto significative. Non è facile individuare tendenze di tipo regionale: le variazioni più sensibili, infatti, si sono registrati a macchia di leopardo.
La città col tasso d’inflazione più elevato nel periodo considerato è Napoli, dove i prezzi sono saliti nell’ultimo anno del 2,2%, seguita da Trieste e Bologna.
All’inverso, la città di Aosta ha registrato addirittura un fenomeno di deflazione, con una riduzione dei prezzi pari allo 0,2%, mentre a Trento si è rilevata una variazione dei prezzi del tutto nulla.