Il “lavoro intermittente†è il contratto con il quale il lavoratore si presenta sul luogo di lavoro solo quando il datore glielo richiede..
Introdotta nel nostro ordinamento dalla legge Biagi (2003), soppresso dal governo Prodi-II (2006) e reintrodotto dal governo Berlusconi-IV (2008), codesta tipologia contrattuale è molto controversa: per alcuni è il simbolo supremo del precariato, per altri è la migliore opportunità riconosciuta alle imprese per affrontare i momenti di picco produttivo senza ricorrere a rapporti più impegnativi.
Comunque la si pensi, l’Istat ha recentemente diffuso una serie di statistiche sul ricorso delle aziende italiane al lavoro a chiamata, che, a quanto pare, piace sempre di più. Tale contratto, infatti, è via via più impiegato: è bene comunque ricordare che si tratta di uno strumento relativamente nuovo, per cui è del tutto naturale che più si inizia a conoscerlo e più lo si utilizza.
Se la crescita, dunque, è del tutto fisiologica, è molto difficile immaginare oggi quale sarà il livello più o meno fisso verso cui il lavoro intermittente tenderà a stabilizzarsi nel tempo.
In ogni caso, nel 2009 i contratti in corso di job-on-call sono stati mediamente 111.000, con il picco di 140.000 a dicembre; le aziende che vi hanno fatto ricorso sono state circa 88.000. Numeri importanti, destinati con tutta probabilità ad essere superati già nel 2010.
Fonte: Il Sole 24 Ore