La Guardia di Finanza ha diffuso i dati dell’operazione “Domus”, che ha cercato di far luce su un notissimo fenomeno di evasione fiscale..

Il problema nasce dall’incrocio di più imposte che gravano su queste cessioni. L’atto notarile richiede il versamento dell’imposta di registro, della ipotecaria e della catastale, mentre sulla cessione, in alcuni casi (soprattutto nell’ipotesi di fabbricati di nuova costruzione), si deve applicare l’IVA.
Il cliente privato ha tutto l’interesse a minimizzare le imposte, non potendo scaricare l’IVA, così si accorda col venditore perché fatturi meno del dovuto; quest’ultimo, a propria volta, ha ovviamente interesse a pagare di meno in termini di IRPEF/IRES/IRAP sui propri ricavi ed è ben lieto di accontentarlo.
Per quanto riguarda le imposte di registro e ipocatastali, in molti casi l’imposta va versata sul valore effettivo della cessione e non sul ben più modesto valore catastale, come altrimenti avviene.
Le indagini della GdF, per quanto intensificate rispetto agli anni precedenti, lasciano intuire che i casi non scoperti siano una mole sterminata: è un mero problema di risorse umane, per fare luce su tutti i casi occorrerebbe un reggimento di finanzieri dedicato solo a questo.
Comunque, scoprire come stanno davvero le cose non è impossibile. In genere, gli accertamenti partono incrociando i dati notarili con i mutui bancari accesi dai clienti: perché accendere un mutuo da duecentomila euro se la casa costava davvero solo centomila?
I riflessi sulle imposte dirette sono forti ma difficilmente quantificabili. La Guardia di Finanza ha invece stimato le conseguenze sull’IVA: almeno 1,2 miliardi di euro evasi ogni anno.