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‘Black list’: i decreti ministeriali

Nell’articolo precedente, abbiamo parlato della confusione del contribuente medio in merito ai Paesi inclusi nelle black list, e dunque sui propri fornitori e clienti le cui operazioni andranno comunicate all’Agenzia delle Entrate.

La confusione, in realtà , èforte anche fra gli addetti ai lavori. Come già  descritto, infatti, occorre far riferimento ai due decreti emanati dal ministero delle Finanze rispettivamente in data 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001.


Questo riferimento, tuttavia, non èaffatto sufficiente a dissipare le perplessità .
Il primo decreto, in effetti, non pone problemi: ècostituito da un elenco in ordine alfabetico di Stati indipendenti (come l’Uruguay) e di territori autonomi (come Gibilterra) caratterizzati da fiscalità  privilegiata.

Col secondo, invece, sorgono interrogativi che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe sciogliere al pi๠presto. Abbiamo anche qui un elenco di territori: alcuni erano già  ricompresi nel primo decreto, altri sono nuovi di zecca. Non dovrebbero esserci comunque dubbi sul fatto che non ci sono differenze fra i territori inclusi in un testo e quelli inclusi nell’altro oppure in entrambi: comunque sia, le relative operazioni vanno comunicate.

Il vero problema sorge, semmai, notando che nel secondo decreto i Paesi citati sono suddivisi in tre categorie: quelli per i quali tutte le operazioni sono considerate a rischio, quelli per cui vengono escluse determinate situazioni e quelli per cui, al contrario, il rischio sorge invece soltanto in presenza di particolari condizioni.


Ci si chiede, dunque, se le operazioni intercorse con soggetti residenti in territori contenuti nella seconda o nella terza parte del secondo decreto vadano tutte segnalate, oppure la comunicazione dovrà  riguardare soltanto quelle considerate a rischio sulla base del medesimo decreto?
In attesa di chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate, ci sentiamo di suggerire, prudenzialmente, di indicarle tutte: melius abundare quam deficere.