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Rimborsi IVA per spese all’estero

Gli imprenditori e i professionisti che sostengono spese inerenti alla loro attività  vantano un credito per l’IVA versata al fornitore, compensata solitamente con l’IVA a debito ricevuta dai clienti. Quando invece l’imposta èsostenuta in un’altra nazione comunitaria, èpossibile richiederne il rimborso.

Fra le tante novità  introdotte nel 2010 in materia di IVA, vi èun radicale cambiamento nel sistema dei rimborsi: ogni soggetto passivo presenterà  un’istanza all’Agenzia delle Entrate, che si impegnerà  per ottenere il dovuto presso le autorità  estere.

Questo semplificherà  le difficoltà  burocratiche e linguistiche, dato che le aziende non dovranno pi๠impazzire per conoscere e applicare le distinte procedure usate in Francia, Svezia, Slovacchia ecc.


Ma c’ un altro fenomeno che dovrebbe essere debellato: la perdita secca di tali crediti. Molti imprenditori, infatti, vi rinunciano direttamente per le difficoltà  descritte, soprattutto quando si tratta di importi modesti; ma molti altri, pur avendo presentato regolare istanza (e aver magari pagato costosi consulenti), si vedono rispondere negativamente per cause spesso poco chiare.
La denuncia parte dall’OCSE: in molti Stati comunitari, infatti, le autorità  fiscali tendono a rifiutare i rimborsi alle imprese estere senza veri motivi, aggrappandosi spesso a cavilli di scarsissima importanza.


Per un motivo o per un altro, almeno il 20% di questi crediti non viene riscosso. L’OCSE, nella sua indagine statistica, rivela che quasi la metà  delle aziende interessate rinuncia al rimborso perchè la strada ètroppo onerosa e irta di ostacoli; ed èun dato drammatico, considerando che per il 51% delle imprese coinvolte il credito raggiunge i centomila dollari annui e per la metà  di costoro si arriva al milione.
Quanto alla fonte di questi crediti, si tratta per lo pi๠di spese di viaggio, vitto e alloggio o legate alla partecipazione a fiere e convegni.