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Nel bilancio UE l’Italia ci rimette

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Ognuno dei ventisette Stati comunitari effettua ogni anno numerosi versamenti a favore di Bruxelles e riceve a propria volta contributi a vario titolo. Naturalmente non c’ proporzione fra quanto si dà  e quanto si riceve: le nazioni pi๠ricche necessariamente vanno in perdita al contrario di quelle pi๠povere.

D’altronde nei summit semestrali fra capi di Stato e di governo, l’argomento principale delle discussioni che spesso paralizzano i lavori sono proprio quelle dirette ad ottenere di pi๠o versare di meno.


Le risorse UE derivano da tre fonti principali: una quota significativa del gettito IVA; i dazi e le altre misure protezionistiche; i versamenti diretti dello 0,73% del PIL di ciascuno Stato membro.

Posto che circa il 5,7% di queste risorse sono “consumate” dagli uffici e dagli organi comunitari per il loro funzionamento, come sono distribuite le risorse restanti? Su diversi fronti: le misure dirette e indirette a sostegno dell’agricoltura; gli incentivi alla ricerca scientifica; la formazione universitaria e post-universitaria, a partire dal progetto Erasmus; l’aiuto alle imprese; le opere di infrastrutturazione: strade, comunicazioni, ferrovie…


Ebbene, i Paesi pi๠ricchi sembrano rimetterci significativamente nell’intercambio di fondi con la UE: situazione che accomuna la Germania, la Francia, il Regno Unito, la Spagna, l’Olanda, la Danimarca e altre nazioni ancora, come l’Italia. Il nostro Paese, infatti, verserà  nel sessennio 2007-2013 circa 116 miliardi di euro a fronte di circa 70 miliardi che “torneranno a casa”. Ogni cittadino, dunque, in media avrà  un saldo negativo pari a circa 778 euro.

Molto meglio, ovviamente, andrà  ai cittadini di Paesi pi๠sostenuti, dalla Lettonia alla Bulgaria. Anche se i beneficiari principali, battendo di gran lunga ogni concorrente, sono sorprendentemente i lussemburghesi: nelle loro tasche entreranno circa sedicimila euro in pi๠pro-capite.