Gli iscritti presso la Gestione Separata dell’INPS sono quei lavoratori che in generale hanno minori tutele dal punto di vista previdenziale, in quanto non hanno i requisiti per poter accedere alle ben pi๠solide gestioni ordinarie previste per i dipendenti o gli imprenditori.
Si tratta di un eterogeneo calderone di soggetti in cui rientrano i collaboratori a progetto, i lavoratori autonomi che non hanno diritto di accedere ad una cassa gestita da un ordine professionale, gli associati in partecipazione, i venditori porta a porta e i collaboratori occasionali se superano la soglia di compensi annui di cinquemila euro.
Il concetto di “rottamazione†di un negozio èin realtà privo di senso, ma questo èil termine con cui nel linguaggio corrente era conosciuto anni fa un incentivo, a favore dei piccoli commercianti, che èstato recentemente riproposto e approvato all’interno delle numerose misure anticrisi e a sostegno dei bassi redditi.
La riproposizione della vecchia normativa, in uso alla fine dello scorso decennio, èpressochè identica all’originale, per cui la sua applicazione non dovrebbe presentare grandi difficoltà concrete, trattandosi di uno strumento già collaudato a suo tempo.
Con la circolare n. 108 del 10 dicembre, l’INPS ha finalmente chiarito i termini di una novità introdotta nel nostro ordinamento con la manovra d’estate (legge 133/2008) e che diventerà operativa a partire dal 1° gennaio.
Dal 2009 in avanti, infatti, vengono meno i limiti alla cumulabilità dei redditi di pensione con qualunque forma di reddito da lavoro: dipendente, parasubordinato e autonomo. L’INPS ha chiarito la portata dell’innovazione, e ha precisato anche alcuni limiti di cui si dovrà tenere conto.
La notizia èpassata forse inosservata, ma non c’ dubbio che la sentenza della Corte di Giustizia depositata lo scorso 13 novembre abbia fatto venire i sudori freddi al Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il principio fissato dai giudici comunitari èdi quelli destinati a fare storia: non èammissibile che uomini e donne vadano in pensione ad età differenti.
Secondo l’attuale normativa, i dipendenti pubblici di sesso maschile raggiungono l’età per la pensione di vecchiaia a 65 anni e le donne a 60. Poichè perಠa versare le pensioni èlo Stato (tramite l’apposito ente previdenziale, l’INPDAP), esse sono da considerarsi a tutti gli effetti come retribuzioni.
La UE infatti ritiene di carattere retributivo ogni somma che un datore di lavoro eroga all’ex dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro. E poichè nel caso in questione, lo Stato riveste sia il ruolo di datore che di erogatore delle somme, la pensione dei dipendenti pubblici èa tutti gli effetti una forma di retribuzione. E ovviamente non èconsentito stabilire discriminanti fra uomini e donne nel percepire una retribuzione, nemmeno per questioni di età .
Spetta ai seguenti superstiti in caso di decesso del pensionato: al coniuge, anche se questi risulta separato o divorziato, nel caso in cui sia beneficiario di assegno di mantenimento e non abbia contratto un nuovo matrimonio;
La pensione d’invalidità spetta a tutti i lavoratori subordinati e autonomi, quando sia sopravvenuto uno stato di infermità fisica o psichica che ne riduca le capacità lavorative dei soggetti stessi.
Requisiti fondamentali richiesti con la normativa attuale:
35 anni di contributi e 57 anni di età per i lavoratori dipendenti, 35 anni di contributi e 58 anni di età per i lavoratori autonomi.
Prodi ha annunciato che la riforma delle pensioni èda fare ma non èurgente.
Per quanto riguarda il tanto discusso TFR èstato stabilito di destinare ad un fondo pensioni le quote di retribuzione finora destinate al trattamento di fine rapporto cioèla liquidazione oppure lasciare che finiscano ad un fondo dell’INPS con il quale il governo vuole poter finanziare alcune grandi opere per le infrastutture.
Nel nostro paese, grazie all’accordo sul welfare, la pensione ha assunto una luce diversa.
In primo luogo, viene superata la norma pi๠ingiusta della legge Maroni del 2004 che, a partire dal primo gennaio 2008, avrebbe comportato il passaggio da 57 a 60 anni per l’età minima della pensione di anzianità .
Sono state fissate delle tappe intermedie, per cui, l’età minima per la pensione di anzianità , crescerà in maniera graduale fino ad arrivare, al primo gennaio 2013, ai 61 anni per i lavoratori dipendenti e ai 62 per i lavoratori autonomi.
La pensione èuna rendita vitalizia per tutti quei lavoratori che siano in possesso di specifici requisiti e che abbiano raggiunto i determinati limiti di età .
Ultima normativa che disciplina la riforma pensionistica èla LEGGE 23 agosto 2004, n. 243.
La pensione spetta ai lavoratori dipendenti pubblici o privati, ai liberi professionisti e lavoratori autonomi che abbiano raggiunto il prescritto limite di età (età pensionabile) e abbiano versato all’apposito ente di previdenza le relative contribuzioni nella misura e per il tempo previsti.
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