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Job-sharing: il lavoro ripartito

job sharing

Fra i tanti contratti introdotti nel nostro ordinamento dalla controversa e celeberrima legge-Biagi, uno dei meno noti e pi๠anomali ècertamente il lavoro ripartito, definito pi๠comunemente job-sharing, secondo la dizione anglosassone. In effetti, èuna tipologia di contratto di lavoro subordinato che ènata anni addietro negli Stati Uniti, e solo in tempi molto recenti si ècercato di introdurla in Europa.

Per il momento, comunque, non sembra avere avuto grande diffusione, forse anche per la sua scarsa notorietà ; e tuttavia, in condizioni particolari potrebbe essere una soluzione ottima per i lavoratori, soprattutto quando hanno anche una seconda attività  (di lavoro o di studio).

In pratica, si ha a che fare con un contratto di lavoro subordinato che nelle sue caratteristiche generali (diritti e obblighi reciproci, stipulazione ed estinzione, orario, ferie ecc.) non si discosta in alcun modo dalla tipologia ordinaria. La differenza consiste nel fatto che, a fonte di un unico datore, avremo due o pi๠lavoratori.


In pratica, l’obbligazione lavorativa rimane unica, e saranno i lavoratori a decidere in totale autonomia come ripartirla fra loro, nonchè come ripartire la retribuzione e gli altri diritti.
àˆ da ricordare che comunque il datore di lavoro puಠpretendere da ognuno dei dipendenti l’adempimento dell’intera prestazione: i lavoratori rispondono infatti in maniera illimitata e solidale di fronte alla controparte.


Il contratto di lavoro ripartito deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità .
Qualora il rapporto lavorativo nei confronti del singolo dipendente venga meno per qualunque motivo (dimissioni, licenziamento, morte ecc.), si estingue l’intero contratto. àˆ tuttavia consentito, ovviamente, che il dipendente rimasto possa assumere in capo a sè l’intera obbligazione lavorativa (e i relativi diritti), trasformando di fatto il job-sharing in un contratto di lavoro ordinario.