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Job on call: il contratto di lavoro intermittente a chiamata

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Il lavoro intermittente (o “su chiamata”, da cui l’appellativo inglese “job on call”) èuna speciale tipologia di contratto introdotta nel nostro ordinamento con la legge Biagi, soppressa durante il governo Prodi e successivamente reintrodotta col nuovo governo Berlusconi.

In pratica, il datore di lavoro chiama il dipendente a svolgere la sua mansione solo quando effettivamente serve (con preavviso di almeno un giorno), lasciandolo invece a casa quando non occorre.


Nel periodo in cui il lavoratore deve comunque tenersi a disposizione gli viene corrisposta un’indennità  di entità  stabilita dai contratti collettivi.
A causa della particolare fragilità  della posizione del lavoratore, la legge fissa alcuni paletti da rispettare nel contratto: in caso di mancato rispetto, il rapporto si trasforma ex lege in un contratto a tempo indeterminato. I citati paletti sono moltissimi: soffermiamoci solo sui principali.


Innanzitutto, il contratto deve essere stipulato in forma scritta ed esclusivamente per le mansioni specificamente indicate dai contratti collettivi; se questi non dicono nulla, le mansioni ammissibili sono stabilite dalla legge: per esempio, camerieri, fattorini, magazzinieri, commessi ecc.

Il lavoratore, inoltre, deve avere età  inferiore ai venticinque anni o superiore ai quarantacinque ed essere privo di occupazione, oppure iscritto alle liste di mobilità ; in tale ultimo caso l’età  non èrilevante.

Non tutte le imprese possono assumere secondo la formula del job on call. Fra le altre, sono escluse le aziende non in regola con le norme sull’obbligatoria valutazione dei rischi sulla sicurezza sul lavoro.

Sono poi escluse le ditte che abbiano eseguito licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti o che abbiano lavoratori in cassa integrazione: questo per evitare facili e palesi abusi ai danni dei dipendenti. Ancora: èvietato assumere lavoratori a chiamata per sostituirne altri in sciopero.