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Scarsa diffusione dell’IVA per cassa

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Dopo molti mesi di preparativi, lo scorso maggio èdivenuto finalmente operativo il meccanismo noto come “IVA per cassa”, o, pi๠correttamente, “IVA ad esigibilità  differita”.

In sintesi, èpossibile rinviare la data in cui l’imposta sul valore aggiunto diviene esigibile dall’Erario dal momento della fatturazione a quello in cui avviene l’effettivo incasso.


Sebbene sia davvero presto per trarre delle conseguenze, e i primi conteggi validi saranno fattibili solo con la prossima dichiarazione IVA, commercialisti e tributaristi scuotono la testa alla domanda sulla diffusione fra i loro assistiti del nuovo meccanismo.

In proporzione, infatti, appaiono pochissimi coloro che approfittano dell’IVA per cassa. Se èvero che, trattandosi di una novità , molti soggetti interessati forse non ne conoscono nemmeno l’esistenza, èaltrettanto vero che moltissimi altri, pur conoscendola, si sono rifiutati di applicarla.


I motivi sono molteplici. Innanzitutto, una complicazione contabile: i piccoli imprenditori in contabilità  semplificata (cioà¨, quasi tutti gli interessati) non hanno mai dovuto registrare la data degli incassi, ma ora diviene indispensabile.

In secondo luogo, si crea un forte conflitto fra fornitore e cliente: se nella fattura l’imposta èad esigibilità  differita, anche per il cliente la detraibilità  èaltrettanto differita. Ciಠcomporta che il cliente importante, con la sua forza contrattuale, puಠsolitamente imporre al piccolo fornitore di fatturare normalmente, e quest’ultimo si deve adeguare, volente o nolente.

C’ poi la platea dei “vorrei ma non posso”: per accedere al meccanismo, occorre che il volume d’affari annuo non superi i duecentomila euro, cifra non certo irraggiungibile, e che il cliente sia a sua volta dotato di partita IVA.

Infine, non va trascurato che la maggioranza delle prestazioni èpagata già  al momento della fatturazione, cosicchè il meccanismo in questi casi èsuperfluo.