Nel 2010, le cose non stanno pi๠cosà¬, se mai lo sono state. La crisi ha colpito duro, infatti, anche la gran parte dei professionisti italiani, che tanto pochi non sono pià¹.
Si stima che oggi il numero complessivo si avvicini ai due milioni, di cui poco pi๠della metà lavorano autonomamente o in associazione con colleghi e l’altra metà sia titolare di rapporti contrattuali pi๠o meno precari presso imprese, enti pubblici o altri professionisti.
Non si puಠdire che il lavoro, anche in tempi di crisi, si sia ridotto: in realtà , la domanda dei servizi di avvocati, ingegneri e commercialisti èrelativamente stabile da un anno all’altro. Il problema, semmai, oggi non sta tanto nella saturazione del mercato (questione strutturale) quanto nella difficoltà di farsi pagare dai clienti in un periodo di lunghissima e logorante crisi come quello in corso (questione congiunturale).
Infatti, se le banche o lo Stato, cosଠcome i fornitori di tutti i giorni, non aspettano prima di incassare e il debitore èmotivato a saldare il prima possibile, il rapporto fiduciario che s’instaura col professionista spinge sempre pi๠clienti a chiedere a quest’ultimo di avere pazienza prima di esigere il saldo.
La dilazione dei pagamenti ai professionisti, in realtà , èsempre esistita, ma mai in termini cosଠelevati come oggi.
Ma anche i lavoratori autonomi hanno le loro spese da pagare: mutuo o affitto, fornitori, personale, tasse, contributi previdenziali… E la liquidità per pagare queste uscite èsempre pi๠risicata.
La stima degli ordini professionali èdrammatica: se la situazione non si sblocca, entro l’anno 300.000 professionisti chiuderanno l’attività , soprattutto giovani e donne.