L’utilizzo sfrenato dei crediti d’imposta in compensazione di altri debiti all’interno del Modello F24 rappresenta un frequentissimo..

In generale ciò emerge quasi sempre con i sistemi informatici adottati dall’Agenzia delle Entrate, ma nel frattempo si è creato un danno non sempre sanabile nelle casse dell’Erario, accompagnato per di più da sanzioni piuttosto lievi e patteggiabili per i colpevoli.
Vincenzo Visco aveva adottato nel 2006 un rigidissimo sistema di autorizzazione preventiva per le compensazioni superiori ai diecimila euro annui, ma per la sua complessità tecnica esso non è mai entrato in vigore ed è infine stato soppresso.
Il suo successore Tremonti è però tornato sull’argomento, prima col decreto anticrisi del novembre scorso e in seguito con la recentissima manovra estiva, con particolare attenzione all’imposta sul valore aggiunto, in cui gli abusi sono più frequenti.
Le novità sono numerose e vanno esaminate con ordine. Iniziamo dalle sanzioni.
Viene sancita la distinzione – prima ininfluente – fra crediti inesistenti (cioè inventati di sana pianta dal contribuente) e crediti non spettanti, fattispecie meno grave.
Laddove un debito d’imposta sia compensato in F24 con crediti non spettanti, infatti, il contribuente sarà chiamato a pagare il dovuto con l’aggiunta di una sanzione pari al 30% dell’importo, mentre, nell’ipotesi di crediti inesistenti, la sanzione oscilla fra il 100 e il 200% nella generalità dei casi ed è pari inderogabilmente al 200% qualora l’abuso superi la soglia di cinquantamila euro.
In nessun caso è consentita la definizione agevolata, ossia il meccanismo col quale il contribuente che paga senza contestare vede ridursi ad un quarto la sanzione irrogata.