Il quotidiano “Il Sole 24 Ore†ha eseguito un’interessante ed esaustiva indagine sul tema dei nidi aziendali..

I primi nidi sorsero in Italia negli anni Cinquanta per opera di alcuni industriali “illuminatiâ€, come Olivetti e Falck; per una ventina d’anni, però, si trattò di interventi episodici e rimessi alla volontà dei privati.
Negli anni Settanta lo Stato, in un periodo di grandi modifiche nella legislazione sul lavoro e di maggiore riconoscimento del ruolo familiare della lavoratrice-madre, scelse di rilevare i nidi allora costituiti e di affidarli ai Comuni, e di realizzarne diverse migliaia di nuovi negli anni a venire; una promessa che purtroppo non fu mantenuta nonostante che dalle buste-paga dei lavoratori siano state compiute per molti anni delle trattenute allo specifico scopo di finanziare tale progetto.
Il tema è poi tornato d’attualità nel 2001, con il Piano Nazionale degli Asili Nido, per il quale furono erogati abbondanti stanziamenti a favore delle aziende interessate. Una parte di essi, però, fu bloccata per controversie di competenza fra Stato, Regioni e Comuni, e in definitiva i risultati furono decisamente minori di quelli attesi. In compenso, alcune Regioni e Comuni hanno scelto di agire autonomamente per favorirne ugualmente lo sviluppo.
Non sappiamo quanti siano gli asili nido aziendali oggi esistenti in Italia (la prima statistica ufficiale arriverà a fine anno), ma di certo non si raggiunge lontanamente il traguardo del 33% auspicato dalla Commissione Europea per il 2010.
A quanto emerge, inoltre, è rarissimo che le aziende si occupino direttamente dei nidi creati, bensì in genere li affidano a gestori appositamente incaricati; una parte dei posti è poi solitamente ceduta al Comune o ad altre imprese. I contributi richiesti ai lavoratori che ne usufruissero oscillano fra i duecento e i cinquecentocinquanta euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore