Non si tratta di semplici questioni di rispetto interpersonale o di codice deontologico: èun vero e proprio obbligo di legge, la cui violazione puಠcomportare sanzioni penali.
L’obbligo permane anche quando la Guardia di Finanza accede, com’ suo diritto, nell’ufficio di un avvocato o di un commercialista in occasione di una procedura di accertamento. Se da un lato i militari possono liberamente accedere, dall’altro lato il professionista puಠe deve opporre il segreto professionale sui documenti da lui custoditi.
Laddove sia eccepito il segreto professionale, occorre l’autorizzazione del procuratore della Repubblica per oltrepassarlo e consentire la legittima acquisizione dei documenti. Ma dove finisce il diritto al segreto e dove inizia il potere di acquisizione dei documenti? Sul tema, da sempre dibattuto e molto spinoso per le conseguenze di cui ègravido, èintervenuta recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11082/2010.
La Suprema Corte èpartita dal seguente presupposto: il legittimo impedimento opposto dal professionista a tutela del segreto non puಠessere generale e universale. In altre parole, non èpossibile imporre il segreto su ogni documento posseduto, incluse le normali fatture, in quanto questo costituirebbe un ottimo alibi per nascondere ogni situazione di evasione fiscale.
Il segreto, invece, puಠe deve essere legittimamente opposto sopra i documenti non strettamente fiscali: dagli appunti del professionista alla corrispondenza con il cliente. In queste ipotesi, il segreto professionale puಠessere divelto solo dall’autorizzazione del procuratore, ma questa deve essere concessa solo se vi sono concreti e inoppugnabili motivi legati allo svolgimento delle indagini.