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Ingiunzioni di pagamento (II)

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Ad alcuni creditori, infatti, èconsentito di imposto al debitore di pagare una certa somma entro una precisa scadenza: l’atto con il quale avviene quest’imposizione si chiama “decreto ingiuntivo”, ma nel linguaggio corrente èmeglio conosciuto come “ingiunzione di pagamento”.

Se egli non provvede al saldo oppure non impugna l’ingiunzione (chiedendo allo stesso tempo di sospenderne gli effetti) entro quaranta giorni dalla notifica, la conseguenza èl’inevitabile pignoramento dei suoi beni.


Se invece il debitore impugna l’atto, allora e solo allora si instaura un processo che chiarisca chi dei due ha ragione. Il diritto costituzionale alla difesa, dunque, sussiste solo nell’eventualità  di una contestazione da parte del debitore.

Per ottenere il decreto ingiuntivo èsufficiente portare al giudice le prove del proprio credito, che saranno esaminate in maniera sommaria in vista dell’emissione dell’atto in questione.


Ma quali sono le categorie di creditori abilitate a richiedere un’ingiunzione di pagamento? Innanzitutto, si tratta di coloro che dimostrano di essere creditori di una somma liquida ed immediatamente esigibile, come coloro che sono riusciti a trionfare in un precedente processo cognitivo, oppure che in un analogo procedimento sono riusciti a dimostrare che il debitore deve restituire un preciso bene mobile (si pensi a chi richiede indietro un oggetto dato in prestito).

Ma il discorso vale, come già  accennato, anche per chi non ètenuto a passare per la fase cognitiva e puಠpassare direttamente alla richiesta dell’ingiunzione di pagamento: tutti coloro che richiedono il compenso maturato in un precedente procedimento giudiziario ad esempio, come gli avvocati o gli ufficiali giudiziari; oppure i professionisti iscritti ad ordini per i quali èprevista per legge un preciso tariffario: fra loro, ad esempio, ci sono i notai, gli ingegneri e i dottori commercialisti.