Nelle questure di tutta Italia, gran parte dell’attività di natura amministrativa è occupata dalla gestione delle pratiche riservate agli immigrati extracomunitari..

Il guaio è che gli organici sono cronicamente sottodimensionati per affrontare la mole di lavoro quotidiana, cosicché si è reso necessario ricorrere a massicce iniezioni di lavoratori a tempo determinato e di interinali: due categorie diverse, ma entrambe definibili come di precari.
Sfortunatamente, per tutti costoro il contratto sta per scadere (o è già scaduto proprio nei giorni scorsi), e il Governo ha ammesso la totale mancanza di fondi per provvedere ad una loro riconferma.
I numeri sono pesanti: si parla di 1.300 lavoratori destinati a ritornare a casa. L’aspetto paradossale è che, se i contratti si esauriscono, il lavoro, come accennato, non si esaurisce affatto ed è impensabile che il personale “ordinario†possa portarlo avanti da solo.
Anzi, con le nuove norme sull’immigrazione il lavoro è destinato a crescere in maniera rilevante: saranno infatti proprio questi uffici ad occuparsi dei test d’italiano e dei corsi di educazione civica che dovranno essere frequentati da chiunque aspiri a risiedere in Italia.
D’altronde, questi precari hanno acquisito una formazione molto rilevante in merito (a spese dello Stato), che sarebbe un peccato sprecare e che, allo stesso tempo, non è spendibile altrove sul mercato del lavoro.
Proseguire il rapporto di lavoro per codesti precari, quindi, risulta indispensabile (stabilizzarli è un’ipotesi fantascientifica che nessuno prende in considerazione), a meno di non rassegnarsi a prolungamenti temporali enormi nella gestione delle singole pratiche.
Fonte: Il Sole 24 Ore