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Flessibilità  dei contratti collettivi

lavoro

Esiste un importante principio della nostra legislazione riguardante i contratti collettivi: come si suol dire, dal punto di vista del dipendente essi sono flessibili verso l’alto e rigidi verso il basso, mentre per il datore di lavoro vale l’esatto contrario.

Pertanto, il contratto collettivo offre uno schema generale di diritti e doveri delle parti coinvolte nel rapporto negoziale; tuttavia, avvicinandosi dai livelli generali di contrattazione a quelli pi๠vicini al lavoratore èconsentito stabilire nuove clausole e deroghe che migliorino le condizioni contrattuali a favore del subordinato, mentre non èpossibile fare altrettanto nel senso opposto, e dunque a favore del datore.


Pertanto, un contratto collettivo di settore o localizzato in una data area geografica puಠfavorire maggiormente il lavoratore rispetto ad un contratto confederale e nazionale; un contratto fissato a livello aziendale puಠbeneficiare i dipendenti di una certa impresa oltre i diritti riconosciuti ai livelli già  indicati; infine, il contratto individuale fra il datore e il singolo dipendente puಠfavorire quest’ultimo al di sopra di tutti gli altri livelli.


Ipotizziamo perciಠche nel contratto confederale sia previsto per una certa tipologia di dipendenti uno stipendio mensile lordo pari a € 1.500; èperfettamente ammissibile che, a parità  delle altre condizioni, la mensilità  stabilita a livello settoriale sia pari a € 1.600, che a livello aziendale la contrattazione porti la paga a € 1.750 e che magari un dipendente particolarmente promettente sia incentivato con uno stipendio pari a € 2.000 solo per lui.

Il discorso èperಠmolto pi๠complesso quando, come pi๠spesso avviene, le variazioni rispetto al contratto generale riguardano vari punti, alcuni derogati in meglio e altri in peggio per il dipendente: in questo caso, il principio esposto èrispettato se le deroghe, nel loro complesso, appaiono favorevoli al lavoratore.