Solitamente si tratta di cause per cui il singolo consumatore non ha interesse di agire in giudizio: il risarcimento che gli spetterebbe sarebbe modesto rispetto ai costi da affrontare, soprattutto considerando che la controparte è in genere una grande azienda che può contare sull’assistenza di autentici principi del foro.
Se però a portare avanti è un’associazione di consumatori a sostegno delle richieste di centinaia o migliaia di persone, allora la battaglia legale diviene più equilibrata.
Questo, perlomeno, nelle intenzioni: perché la pratica di questi sei mesi ha dimostrato una realtà ben diversa. È ancora troppo presto per parlare di fallimento, ma di certo la class action in Italia non ha goduto di una partenza favorevole.
A quanto risulta, infatti, sono state finora presentate solamente quattro azioni, e si è tenuta un’unica udienza preliminare, oltretutto con esito negativo. Nella causa intentata dall’associazione Codacons contro il gruppo bancario Intesa – San Paolo in tema di commissioni di massimo scoperto, il tribunale di Torino ha infatti dichiarato inammissibile l’istanza poiché il ricorrente, il presidente dell’associazione, non è personalmente coinvolto giacché non è cliente della banca citata.
Insomma, la prima class action è affondata prima ancora di cominciare; e chissà come andranno le cose nell’analoga causa intentata a Roma da Codacons contro il gruppo Unicredit.
Altre due azioni presentate da Codacons, infine, sono in lista d’attesa per essere discusse: una a Milano in tema di test contro l’influenza A e una a Roma sui danni da nicotina.