Quando nel novero dei beni compresi nella cessione sono presenti anche degli immobili, è necessario provvedere..

Questo comporta l’applicazione di ulteriori imposte a carico dell’acquirente, la cui base imponibile è la stessa determinata ai fini dell’imposta di registro. In particolare, per l’imposta catastale si applica l’aliquota del 1%, mentre per l’imposta ipotecaria si utilizza l’aliquota del 2 o del 3% a seconda delle situazioni.
Se tuttavia il cessionario si impegna a proseguire l’attività d’impresa per almeno cinque anni, allora la cessione è esente da entrambe le imposte.
L’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione dell’azienda non è mai imponibile ai fini IRAP, per esclusione espressamente prevista dalla legge.
Ben diverso, e molto più complesso, è il discorso relativo all’imposta sui redditi: la plusvalenza, infatti, è per il cedente un reddito a tutti gli effetti, e come tale è soggetta a tassazione.
Ma come si calcola la plusvalenza? Per determinarla occorre prendere in considerazione il corrispettivo per la cessione e sommarlo alle passività aziendali; a questo risultato, occorre poi sottrarre il valore delle attività. Naturalmente, attività e passività sono determinate sulla base dei valori fiscalmente riconosciuti, e quindi mediante l’applicazione delle ordinarie regole sul reddito d’impresa.
Il calcolo indicato può anche portare ad un risultato negativo, definito minusvalenza. Essa è integralmente deducibile dal reddito, nel periodo d’imposta di competenza: una regola molto semplice, dunque.
Quando invece è presente una plusvalenza, la sua tassazione può avvenire secondo tre strade diverse. É bene dunque che il contribuente si informi attentamente sulla sua condizione e sulla normativa applicabile, per individuare il metodo di tassazione più conveniente.
Possiamo distinguere infatti fra tassazione ordinaria, rateale e separata.