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Boom dell’outsourcing ma non in Italia

Un tempo le imprese tendevano a svolgere “in casa” qualsiasi funzione aziendale: questo ha portato alla costruzione di enormi ditte dall’impressionante struttura gerarchica piramidale.

Negli ultimi venti-trent’anni, invece, la tendenza ècambiata: in un’ottica di massimizzazione del rapporto costi/benefici, infatti, ci si èreso conto che spesso puಠessere pi๠conveniente snellire la struttura e affidare determinate funzioni a subfornitori.


Si tratta delle funzioni in cui la nostra impresa non dispone di sufficienti e/o adeguate competenze professionali e risorse materiali: operare in proprio puಠrisultare molto costoso o qualitativamente poco soddisfacente, laddove èpi๠semplice e conveniente rivolgersi a soggetti specializzati.

L’impresa, quindi, finisce per concentrare al proprio interno solo il “core business”, ossia le funzioni-chiave in cui riesce a dare il meglio di sè, affidando dunque a terzi gli altri compiti: ogni grande azienda, in genere, crea oggi intorno a sè un nugolo di ditte talvolta piccole o piccolissime incaricate di determinate funzioni.

Questa tendenza, definita “outsourcing” (o “esternalizzazione”), si èimposta a partire dagli anni Ottanta e oggi èin piena ascesa: si stima che nel mondo cresca mediamente dell’otto percento all’anno. In Italia, perà², il trend èancora, tutto sommato, modesto: appena il 2%, nonostante le possibilità  reputate molto interessanti da parte degli addetti ai lavori.


Le funzioni maggiormente esternalizzate sono la logistica, l’assistenza tecnica (specie sugli strumenti di telecomunicazione), i call center, il recupero crediti (o, pi๠in generale, la gestione della clientela), la distribuzione dei prodotti, le attività  di ricerca & sviluppo.

Da notare come l’outsourcing, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, èaffidata talvolta ad imprese molto distanti geograficamente: sempre pi๠call center, per esempio, sono ormai situati in Romania e in Albania.