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Pettegolezzi da ufficio: tolleranza zero

gossip al lavoro

Nelle aziende del Duemila si dà  molto pi๠spazio rispetto a quanto avveniva in passato alla necessità  di costruire un team, di creare un gioco di squadra che valorizzi e integri le diverse competenze.

àˆ ovvio che una prospettiva del genere acquisisce un solido fondamento soltanto se si viene a creare un autentico affiatamento fra i componenti, intendendo sia i dipendenti che i manager.
Il discorso èmolto avvertito soprattutto negli Stati Uniti.

Ed ecco dunque arrivare dall’America l’ultima crociata a favore della produttività  degli uffici: la guerra al pettegolezzo.


Poche cose come le voci incontrollate, infatti, possono danneggiare la fiducia reciproca dei lavoratori. àˆ noto dalla vita reale come basti pochissimo perchè una diceria, anche infondata, circoli rapidamente di bocca in bocca e magari strada facendo cambi i suoi connotati e si ingigantisca.

Il problema ètanto pi๠avvertito dai dirigenti quando il gossip non riguarda la vita privata delle persone bensଠil loro rendimento al lavoro oppure le future politiche aziendali. Basta divulgare una qualunque voce, anche inventata di sana pianta, su prossimi licenziamenti per scatenare la protesta sindacale.


Nei contratti di lavoro americani, dunque, sempre pi๠spesso vengono inserite clausole apposite contro il pettegolezzo, e, nei casi pi๠gravi, si puಠarrivare al licenziamento.

Antesignano fu il caso (2002) della lavoratrice Heather Armstrong, che nel suo blog, raccontava senza reticenze tutto quello che capitava nel suo ufficio: fu licenziata, e il suo caso all’epoca fece scalpore, ma negli anni non èrimasto isolato.

E in Italia? A quanto si sa non si sono ancora diffuse clausole del genere, ma si ritiene che il pettegolezzo molesto sia comunque considerabile, nei casi pi๠eclatanti, come un comportamento sleale del dipendente che puಠintegrare giustificato motivo soggettivo per il licenziamento.