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Banche italiane e finanza islamica

I precetti del Corano, applicati al moderno mondo bancario-finanziario, impongono una serie di corollari non facilmente adattabili al sistema occidentale. Gli interessi, per esempio, sono sempre vietati in quanto considerati frutto di usura, anche quando fossero molto modesti; inoltre eventuali perdite negli investimenti devono venire condivise fra istituti finanziari e clienti, mentre i prodotti finanziari derivati sono banditi.


Non tutti i musulmani (un miliardo nel mondo) sono rigidamente osservanti di questi precetti, tanto che negli ultimi anni molte banche americane, giapponesi, tedesche e britanniche hanno aperto i battenti nel mondo islamico operando senza grossi problemi con le regole occidentali, mentre gli istituti italiani sono per lo pi๠rimasti a guardare.

L’ABI, l’ente che rappresenta le banche italiane, chiede un intervento del Governo per abbattere alcuni paletti procedurali che rendono pi๠difficile il nostro insediamento nei Paesi interessati. Ma la vera sfida che l’ABI vorrebbe promuovere, in realtà , èsul fronte interno.

Si stima che oggi in Italia vivano pi๠di un milione di musulmani (numero certamente destinato a salire negli anni), cui manca un punto di riferimento per le loro esigenze bancarie che si coniughi con i loro precetti religiosi.

L’ABI chiede alle istituzioni di apportare le necessarie modifiche legislative, al fine di consentire non tanto l’insediamento dei colossi bancari arabi (peraltro gradito, in ottica di nuove partnership) quanto piuttosto la possibilità  per le banche italiane di offrire prodotti bancari e finanziari appetibili per la clientela musulmana osservante.


Un’altra strada da percorrere èquella di favorire per le banche islamiche la possibilità  di investire in imprese dello Stivale, al fine di convertire quanto raccolto presso la ricca clientela del Golfo Persico in un rafforzamento del sistema imprenditoriale italiano.