
Già da tempo, tuttavia, il legislatore ha riconosciuto il problema adottando una norma di grande civiltà : il comportamento del contribuente non è mai sanzionabile se la violazione dipende da “obiettive condizioni di incertezza†sulla portata e l’ambito di applicazione delle disposizioni tributarie.
Il concetto è ribadito in diverse leggi, fra cui l’articolo 10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente. Ma quando sussistono davvero queste fantomatiche “condizioni di incertezza†nell’interpretazione della legge, che devono essere “obiettiveâ€, e dunque riconoscibili da tutti? Il punto è tutt’altro che facile da applicare, e chiaramente occorre verificare caso per caso se e in che misura l’incertezza esiste e sia tale da giustificare un’errata interpretazione.
Il grado di incertezza, oltretutto, varia continuamente, perché presumibilmente più passa il tempo da che la legge è emanata e più si succedono negli anni le interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate, della stampa specializzata ecc. Insomma, se sbagliare l’applicazione di una legge del mese scorso è facile, quella di dieci anni fa è per forza di cose meno oscura.
In tutti i casi, l’onere della prova ricade sul contribuente: sarà lui, dunque, a dover dimostrare le obiettive condizioni di incertezza. Così ha ribadito più volte la Corte di Cassazione, anche con la recente sentenza 14987/2009, chiarendo che l’incomprensibilità della norma deve essere tale anche per gli esperti del settore e non semplicemente per i comuni cittadini.