Il tema della tassazione delle criptovalute è abbastanza complesso, perché con la crescita esponenziale delle monete virtuali e con la loro diffusione, è aumentata di conseguenza anche la necessità di una regolamentazione chiara, con quadro normativo definito che tenga conto soprattutto della natura globale di questo fenomeno. D’altronde investire e fare trading sulle criptovalute è decisamente diverso da quello più classico legato al mondo azionario, che può contare su una storia centenaria e che ha regole assodate e condivise.
Le istituzioni finanziarie e governative stanno lentamente rispondendo a questa esigenza: l’inquadramento di questo fenomeno di una nuova economia, non può più essere ritardato. Sembra lontanissimo il 2009, l’anno che vede la nascita ufficiale del protocollo del Bitcoin, la prima criptovalute al mondo. A lanciarlo, una community di cypherpunk, che sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto presentò questo esperimento che in realtà aveva un obiettivo decisamente ambizioso: democratizzare l’economia globale, decentralizzando i processi decisionali fino a quel momento detenuti esclusivamente da governi nazionali, banche centrali e istituzioni finanziarie.
La criptovaluta più famosa al mondo è il Bitcoin
A distanza di più di 10 anni, quel proposito forse non è stato ancora raggiunto, ma le criptovalute sono divenute certamente degli asset economici che non possono essere più sottovalutati. La loro diffusione è sotto gli occhi di tutti e sono sempre di più le persone che comprano criptovalute, tanto come investimento che per utilizzarle come strumento di pagamento. Il prezzo bitcoin ha subito negli anni fluttuazioni che lo hanno portato a raggiungere anche il valore massimo di quasi cinquantottomila euro nel novembre del 2021. Vendere i propri Bitcoin in quel momento avrebbe significato realizzare una forte plusvalenza.
Come tassare le criptovalute in Italia? La normativa esistente
Le criptovalute non sono asset soggetti a un ente governativo che è autorizzato a emetterli o a stamparli, ma sono il risultato di un processo partecipato e validato da una community, ovvero il mining, che ne determina anche una certa difficoltà per quel che ne riguarda la tracciabilità. In Italia le criptovalute sono considerate come valuta estera, ma comunque alternativa a quella tradizionale. Secondo la Risoluzione Ministeriale 72/E 2016, non sono soggette e IVA, i privati che le detengono devono dichiararle solo se il possesso è finalizzato a un’attività speculativa, mentre le società devono dichiararle nel loro bilancio.
Le tasse saranno applicate solo nel caso in cui si verifichi una plusvalenza, ovvero solo nel caso in cui una persona che le detiene nel proprio portafoglio digitale decida di venderle realizzato un guadagno. La plusvalenza ricavata da questa compravendita dovrà è sottoposta all’aliquota del 26%. Un altro aspetto fondamentale della normativa è quella che definisce il caso in cui il possesso di criptovalute deve essere comunque dichiarato all’Agenzia delle Entrate. Se una persona fisica detiene nel proprio portafoglio digitale, almeno per sette giorni consecutivi, un controvalore pari o superiore a 51,465 euro, è tenuto a dichiararlo all’Agenzia delle Entrate.
Il Modello F24 per il pagamento
Come detto, per quanto riguarda un privato le tasse saranno applicate solo in caso in cui si realizzi una plusvalenza: per dichiarare il guadagno si potrà utilizzare il Modello Redditi Persone Fisiche, nel quadro RW, entro il 30 novembre e utilizzando il Modello F24 per il pagamento. Come in molti altri casi, è consento l’invio telematico, procedura grazie alla quale è più facile e veloce snellire la comunicazione.