In molti articoli precedenti, abbiamo accennato al cosiddetto “forfettone”, o, più correttamente, il regime...

È giunto dunque il momento di sviscerare a tutto tondo l’argomento, chiarendo quindi cosa comporta questo regime, quali sono i requisiti per accedervi o esserne esclusi, quali semplificazioni comporta, quando non appare conveniente aderirvi.
Il regime in questione, che produce effetti sia in termini di imposte dirette che di IVA, è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge finanziaria per il 2008, ossia la legge 244/2007, e precisamente ai commi dal 96 al 117 dell’articolo 1.
Con la sua introduzione nel nostro ordinamento, l’ottica è stata quella di favorire i professionisti e gli imprenditori individuali di piccole dimensioni, sottraendo loro buona parte di quei pressanti obblighi fiscali che solitamente ricadono sul cosiddetto “popolo delle partite IVA”.
Il regime fu varato un anno e mezzo fa con un grande battage promozionale, allo scopo di farlo conoscere e spingere più contribuenti possibili a aderirvi. Per lo stesso motivo, furono contemporaneamente aboliti altri regimi semplificati preesistenti (come quello di franchigia e quello per le attività marginali) ma pressoché sconosciuti al grande pubblico e che per questo vantavano ben pochi aderenti. È rimasto in piedi, invece, il regime agevolato per le nuove iniziative produttive (art. 13 L. 388/2000), che si basa su presupposti e finalità parzialmente differenti.
È bene premettere fin da subito che, a dispetto della credenza comune, non sempre aderire a questo regime comporta un risparmio fiscale, anzi, spesso è tutt’altro che conveniente. La differenza sta però in una semplificazione drastica degli adempimenti formali e delle regole di calcolo delle imposte, il che consente un elevato risparmio di tempo, e, probabilmente, anche di parcella del commercialista.