Il costo diretto considera solamente le componenti che, appunto, si riferiscono direttamente alla singola produzione (a partire dalle materie prime e dalla manodopera diretta): èun concetto largamente oggettivo ma altrettanto insufficiente per determinare il prezzo di vendita.
Il costo industriale aggiunge al costo diretto una quota “ragionevole†(attribuibile con parametri pi๠o meno fondati) degli altri costi legati alla fase produttiva dell’attività aziendale, come la manodopera indiretta o le bollette dell’elettricità .
Il costo pieno aggiunge al costo industriale del singolo prodotto anche una quota di costi sostenuti dall’impresa ma slegati dalla sfera strettamente manifatturiera: le imposte, lo stipendio dell’amministratore delegato o delle guardie giurate, gli interessi passivi bancari… àˆ chiaro che, a questo punto, il livello di soggettività nell’attribuzione di tali componenti raggiunge quote molto elevate.
Il costo economico-tecnico, infine, èla configurazione pi๠completa ed arbitraria, nonchè, forse, la pi๠importante. Nella definizione del “costo pieno†abbiamo considerato la totalità delle componenti che i ricavi devono riuscire a coprire: i costi, cioà¨, propriamente detti, che compaiono nel Conto Economico del bilancio aziendale.
I ricavi, perà², non possono limitarsi a coprire i costi: se cosଠfosse, l’azienda realizzerebbe un utile pari a zero. Al contrario, essi devono anche consentire di remunerare il capitale di rischio, e quindi attribuire dividendi ai soci dell’impresa (nell’ipotesi delle società , ma il discorso cambia poco in caso di ditta individuale).
Si tratta, quindi, di determinare a priori il livello complessivo desiderato dei dividendi da erogare e ripartirlo fra le unità prodotte.
Pertanto, per coprire tutti i costi propriamente detti nonchè consentire la distribuzione di utili il prezzo di vendita non puಠessere inferiore al costo economico-tecnico.
Fonte: nostra elaborazione