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Chiuse oltre 310mila aziende dal 2000, gli agricoltori in allarme

L’agricoltura, volente o nolente, èuno dei capisaldi della nostra economia. Peccato che negli ultimi anni a fronte di tanti giovanti pronti ad investire nel piano “verde”, ci siano tante altre persone demotivate e stanche di rincorrere il sogno di vivere dei frutti della terra. 

Non èun caso che Cia, Confagricoltura e Copagri abbiano deciso di manifestare a Roma, Bologna e Catanzaro chiedendo risposte precise e immediate su una situazione di grave rischio per la sopravvivenza delle aziende. Il comunicato prova a mettere le cose in chiaro

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“Vogliamo produrre cibo di qualità  e non carte in quantità â€. E ancora: “Agricoltori zero euro” e “Le vacche non mangiano chiacchiere”. Con cartelli come questi migliaia di agricoltori sono scesi in piazza per sottolineare lo stallo istituzionale e ottenere interventi per fronteggiare le emergenze del settore.
Hanno aderito anche gli agricoltori di Alpaa, Uci, Ugc e Aic “armati” di bandiere e palloncini, per lanciare un grido d’allarme: dal 2000 a oggi hanno chiuso oltre 310 mila imprese del settore primario.
Un numero enorme che puಠsalire ancora vertiginosamente se non si mette mano ai tanti problemi “in campo”: i ritardi nei pagamenti comunitari, la burocrazia asfissiante, i prezzi all’origine in caduta libera e le vendite sottocosto, le incognite dell’embargo russo, gli investimenti bloccati, la difesa del “made in Italy”, la cementificazione del suolo, l’abbandono delle aree rurali, i danni da fauna selvatica.

Gli agricoltori, quindi, sono in credito. E non solo dei 600 milioni di euro circa che ancora aspettano a liquidazione della Pac 2015 e dei contenziosi del 2014, ma soprattutto di una mancata attenzione del governo verso un settore vitale del Paese che impegna oltre 2 milioni di lavoratori, fattura con l’indotto oltre 300 miliardi di euro e sui mercati stranieri macina esportazioni da record con quasi 37 miliardi realizzati solo nell’ultimo anno.