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Divario ricchi e poveri in Italia

Da tempo immemorabile, gli italiani sono radicalmente convinti che nel nostro Paese i ricchi diventino sempre pi๠ricchi e i poveri sempre pi๠poveri, mentre il cosiddetto e sfuggente “ceto medio” tenda a spostarsi su posizioni via via pi๠modeste.

A sostegno di questi discorsi e a sfatare il dubbio che si tratti di semplici chiacchiere da bar intervengono alcune statistiche di cui ha dato recentemente conto il quotidiano “La Repubblica”.


Nelle scienze statistiche, il parametro pi๠conosciuto per attribuire un valore alla disuguaglianza fra i valori di una distribuzione di valori èil coefficiente di Gini (dal nome dello studioso italiano che l’ha ideato).

Ebbene, prendendo i redditi degli italiani come valori di cui studiare le disomogeneità , il coefficiente di Gini èpari a 35: un valore piuttosto alto, dato che, fra i Paesi pi๠sviluppati, in ben pochi sono presenti valori pi๠elevati; il record negativo èin Messico, con il valore di 47, mentre i coefficienti migliori sono registrati da Danimarca e Svezia, con 23. Per la cronaca, la Regione pi๠omogenea e quella pi๠disomogenea sono rispettivamente il Friuli Venezia Giulia e il Lazio.
Un’altra analisi statistica puಠaiutare ad inquadrare la questione e a fare gli opportuni raffronti con l’estero.


Mettendo in linea i cittadini dal pi๠ricco al pi๠povero e suddividendoli in dieci gruppi di pari numerosità  (i cosiddetti “decili”), risulta che il decile che ricomprende il 10% degli italiani pi๠ricchi possiede da solo il 45% della ricchezza complessiva, e il loro reddito medio è12 volte superiore rispetto alla media degli appartenenti al decile dei pi๠poveri.

In Europa soltanto la Gran Bretagna presenta una disuguaglianza pi๠accentuata (14), mentre èancora una volta la Svezia (6,2) a guidare la classifica.