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Risarcimento demansionamento o dequalificazione

L’art. 2103 del Codice Civile sancisce l’illegittimità  dell’assegnazione di mansioni inferiori da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Qualora il datore di lavoro agisca in violazione di questa norma, infatti, il lavoratore puಠrifiutarsi di compiere la prestazione senza dar luogo al cosiddetto “sciopero delle mansioni“, inoltre èlegittimato a ricevere un risarcimento del danno e a presentare dimissioni per giusta causa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 5237 del 4 marzo 2011 ha stabilito che in caso di demansionamento o dequalificazione professionale, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale non ricorre automaticamente.


Nel caso in esame, in particolare, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da un lavoratore nei confronti della sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello, che aveva rigettato la domanda volta a conseguire il risarcimento del danno alla luce del fatto che il lavoratore non aveva fornito la prova del pregiudizio subito a causa del demansionamento e considerando inoltre l’estrema modestia della precedente posizione di supremazia rispetto ai colleghi.

La Corte di Cassazione, infatti, ha definito la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello in linea con il principio giurisprudenziale secondo cui il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale derivante dal demansionamento o dalla dequalificazione non puಠprescindere da una specifica allegazione avente ad oggetto la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso. Nel caso specifico, inoltre, secondo la Corte bisogna anche considerare che il demansionamento èdi entità  talmente lieve da non poter aver superato la soglia di tollerabilità  oltre la quale si concretizza il danno non patrimoniale.