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Riforma Gelmini dell’università  (dettagli-seconda parte)

Chi forse attende con maggiore interesse l’arrivo della riforma Gelmini èl’esercito dei ricercatori, condannati ad un interminabile precariato sottopagato e con poche speranze di raggiungere la tanto agognata docenza.

In realtà , le novità  introdotte dalla riforma non garantiscono alcuna sanatoria per loro. La finalità  perseguita èinfatti quella di incrementare la selettività  e ridurre il numero, se non altro per dare maggiori speranze a quelli che sopravvivranno.


Pertanto, èstabilito che in nessun caso lo status di ricercatore puಠsuperare i sei anni: chi non diventa docente nel frattempo dovrà  lasciare l’università . E per divenire docenti non c’ alcuna sanatoria: i ricercatori oggi presenti nei nostri atenei (circa ventimila) seguiranno le nuove e rigide regole introdotte per i concorsi dalla riforma. Si stima che alla fine solo uno su cinque fra loro riuscirà  ad ottenere davvero la sospirata cattedra.

Molte novità  anche ai vertici degli atenei. Sono introdotti nuovi limiti allo strapotere dei rettori: nessuno potrà  restare in carica per pi๠di otto anni, e il senato accademico puಠsfiduciarli col 75% dei voti.
Quanto al senato, si occuperà  esclusivamente di questioni didattiche e di ricerca: la gestione concreta dell’ateneo èaffidata al consiglio d’amministrazione, in cui un ruolo maggiore sarà  riservato da esperti esterni all’università , e a cui riferirà  una carica inedita, il direttore generale, cui farà  capo l’intero assetto amministrativo e gestionale dell’ateneo.


Per via indiretta, infine, si cercherà  di rendere difficile la vita degli atenei minori e dissestati, al fine di favorirne la fusione. Una serie di limitazioni vengono infatti introdotte in tema di nuove assunzioni e di trasferimento di fondi statali (fra l’altro, dovrà  esserci l’assenso di una nuova Authority, l’ANVUR, che vigilerà  sulla qualità  dell’offerta formativa).
Nessuna università , infine, potrà  attivare pi๠di dodici facoltà .

Fonte: La Repubblica