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SCIA, segnalazione d’inizio attività 

Fra le modifiche introdotte all’interno della manovra finanziaria in discussione in questi giorni in Parlamento, un posto di rilievo èassunto dalla SCIA, ossia la Segnalazione Certificata d’Inizio Attività , destinata a sostituire la vigente DIA (Denuncia d’Inizio Attività ). Va chiarito come le modifiche dell’ultimo momento siano ancora possibili, ma il testo appare ormai blindato e difficilmente suscettibile di altri cambiamenti.


Cosa avverrà , dunque? Per aprire un’attività  d’impresa, e segnatamente un’attività  commerciale, occorre oggi presentare come prima cosa una denuncia (appunto la DIA) allo Sportello Unico delle Attività  Produttive (SUAP) presso il Comune, il quale informerà  tutti gli enti amministrativi eventualmente interessati secondo le diverse regole vigenti (ASL, Questura, Vigili del Fuoco ecc.). Se nessun ente pone obiezioni, dopo trenta giorni èpossibile iscriversi alla Camera di Commercio e iniziare ad operare.

Con l’arrivo della SCIA, l’obiettivo proposto èproprio di cancellare quest’attesa di un mese: l’aspirante imprenditore presenterà  una segnalazione dove autocertificherà  l’esistenza di tutti i requisiti amministrativi richiesti, e questo gli darà  titolo per avviare immediatamente l’attività .

Gli enti interessati avranno sessanta giorni di tempo per controllare, a posteriori, che tali requisiti esistano davvero ed eventualmente per bloccare l’attività  già  avviata dall’imprenditore, salvo che quest’ultimo non corregga le magagne contestate e si rimetta in regola.

L’introduzione della SCIA, indubbiamente interessante per le aziende, pone perಠuna serie di problemi dal punto di vista degli interessi collettivi.


Per questo motivo, la legge stabilisce che la SCIA non potrà  essere applicata nel settore bancario e assicurativo, nè si potranno autocertificare quei requisiti richiesti dalle leggi in tema di pubblica sicurezza, immigrazione, difesa, cittadinanza e simili, nè laddove l’attività  metta a repentaglio i vincoli a tutela del paesaggio, dell’arte e della cultura, nè, infine, laddove sussistano limitazioni imposte dalle norme comunitarie.

Fonte: Il Sole 24 Ore