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Condotta antisindacale del datore di lavoro

La condotta antisindacale consiste in un insieme di comportamenti messi in atto dal datore di lavoro e che hanno come unico scopo quello di impedire o limitare il diritto di sciopero, il diritto di esercizio dell’attività  sindacale e il diritto di esercizio della libertà  sindacale.

La repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro èdisciplinata dall’art.28 dello Statuto dei lavoratori. Tale articolo, in particolare, prevede che in caso di condotta antisindacale del datore di lavoro il lavoratore puಠrivolgersi agli organismi locali delle associazioni sindacali appartenenti ad organizzazioni nazionali, le quali possono intraprendere un’azione legale nei confronti del datore di lavoro.


La norma, in particolare, prevede che il pretore del luogo in cui ha avuto luogo la condotta antisindacale del datore di lavoro, entro i due giorni successivi alla presentazione della vertenza, una volta convocate le parti, assunte sommarie informazioni e accertata la sussistenza della condotta antisindacale, emette un decreto immediatamente esecutivo attraverso il quale ordina al datore di lavoro la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

[LEGGI] SOSTITUZIONE LAVORATORE IN SCIOPERO

Entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto, il datore di lavoro ha la possibilità  di presentare ricorso, in merito al quale il pretore in funzione del giudice del lavoro decide con sentenza immediatamente esecutiva.

Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, o alla sentenza pronunciata dopo la presentazione del ricorso, èpunito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale (arresto fino a tre mesi o ammenda fino a euro 206).