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Compenso avvocato solo con contratto cliente

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Il Tribunale di Verona con il procedimento  n. 11998/13 dello scorso 25 settembre 2013 si èoccupato delle parcelle degli avvocati e degli accordi con i clienti stessi. In particolare i giudici di Verona hanno dovuto dirimere una vicenda inerente la riscossione delle parcelle forensi con decreto ingiuntivo.

Secondo quanto stabilito da parte dei giudici del Tribunale di Verona à¨Â necessario il contratto stipulato tra avvocato e cliente per poter riscuotere la parcella con decreto ingiuntivo. Una condizione richiesta dai giudici èanche l’indicazione della cifra del compenso all’interno del modello di contratto firmato dal clienti. Se non si sarà  in possesso di tali documenti non sarà  possibile riscuotere quanto stabilito con il cliente.

La modifica avviene a seguito della riforma, seppure parziale, della professione forense. Infatti secondo delle novità  introdotte da poco da parte del legislatore, dopo l’approvazione dei parametri, che hanno sostituito le vecchie tariffe, l’ordine degli avvocati non ha pi๠la possibilità  di vidimare le parcelle e quindi per poter ottenere l’ingiunzione di pagamento sarà  necessario mostrare una forma scritta. Gli avvocati infatti dovranno fornire al Tribunale una copia del contratto di accordo stipulato con il cliente che riporti la cifra del compenso.

La decisione èstata presa da parte dei giudizi del Tribunale di Verona all’interno del procedimento n. 11998/13. La sentenza èmaturata sulla base dell’interpretazione degli effetti del decreto ministeriale n.140 del 2012. Secondo quanto stabiliti dai giudici veneti infatti i nuovi parametri mettono fuori gioco la possibilità  di avere in tempi brevi un decreto ingiuntivo per il credito dell’avvocato. La legge prevede infatti che debba essere assistito da un contratto con il cliente, che, tra l’altro, riporti delle clausole analitiche sull’onorario.

Inoltre la vidimazione dell’ordine professionale non potrà  sostituire l’eventuale mancanza di determinazione delle cifre del compenso. L’unica alternativa sarebbe infatti rappresentata da una causa ordinaria che comporterebbe comunque un netto allungamento dei tempi di attesa e sicuramente una maggiorazione dei costi.